Omelia per il diaconato di Domenico Mastromonaco – Castellino sul Biferno

Carissimi fratelli e sorelle,

grazie della vostra numerosa presenza e della gioia che trasmette, subito, questo bel paese, posto in una nicchia di clima mite ed accogliente.  E’ per me una liturgia segnata da tanta gioia, proprio perché attraversata da viva semplicità. La gioia che vediamo sul volto di Domenico, nel ricordo grato della figura di don Giovannino Petrucci che prega dal cielo per Domenico e per tutti voi, nella riconoscenza all’amabile accompagnamento di don Pino Romano, che ha formato pastoralmente questo nostro fratello, candidato al diaconato permanente.

  “Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio!”. Con quest’immagine si apre la liturgia della Parola di oggi. L’immagine della paternità che in san Giuseppe ha il suo vertice. San Giuseppe che è il papà di Gesù, pur non essendone il genitore. Così è un po’ anche il diacono, in un paese come Castellino. Rappresenta chi si fa attento, solidale, vicino. Colui che, stando con la sua gente, ne diventa un po’ il padre fedele e difensore. Proprio come san Giuseppe per

San Giuseppe e il diacono

  • San Giuseppe infatti segna la strada del diacono. La rende più preziosa, a cominciare dalla fede grande che questo papà ha manifestato, fin dall’inizio, superando la notte buia dell’inquietudine, davanti alla maternità inattesa e sconvolgente di Maria, chiamata per disegno divino ad essere la mamma di Gesù. San Giuseppe va in crisi, non perché non ha fiducia della sua sposa, ma perché la ama così tanto, da chiedersi se sia capace di reggerne il peso di santità e di grazia. Non per sospetto, ma per rispetto. E’ un gesto di umiltà e di grande consapevolezza. La stessa che prenderà anche te, Domenico, nei momenti in cui dovrai giungere a delle scelte, anche difficili. Che non mancheranno, proprio per la complessità del paese. Di ogni nostro paese nel Molise, borghi belli ma insidiati dalle facili conflittualità interne, che spesso mortificano la ricerca del bene comune. Dovrai fermarti anche tu, in preghiera, in adorazione, in intercessione per capire quale sia la volontà di Dio, in un discernimento silente ma anche stringente. Per poi sentirti dire, dall’angelo, cioè dal vescovo, dal parroco e dalla tua chiesa: Non temere, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo!. La fede sia la tua forza. Proprio come abbiamo scelto di scrivere sul manifestino, così bello e semplice: Contra spem, in spem crediditi! Cioè Giuseppe, come Abramo, ha creduto contro ogni speranza: Egli credette saldo nella speranza, contro ogni speranza! (II lettura).

 

  • Giuseppe ama perciò Maria, come sua sposa, la accompagna, le sta vicino, con fedeltà e grazia. Una coppia che si fa segno e icona di ogni famiglia. Ma che diventa anche immagine di dedizione e di amore, per me, come Vescovo e per don Pino come Prete e per te, come Diacono. Nei confronti delle nostre comunità. Per avere la stessa appartenenza che questo santo esprime per la sua sposa e per il suo paese: Nazaret, piccolo e dimenticato, come un po’ anche il Molise. Ma proprio per questo, amato e seguito dalla mano di Dio. Carissimo Domenico, ama molto dove sei e quello che fai. Servi sempre con zelo e passione questa nostra terra, rendendola più bella e più grande. Perché amata, sarà anche capace di fiorire, come già avviene per Castellino, che è il primo paese dove fioriscono le mimose, in diocesi. Le cose amate sono quelle che non pesano. E’ il senso dell’incardinazione, il primo degli impegni che ti prendi, in questa solenne liturgia sacramentale. Sii legato ancor più al Molise. E non solo a Castellino, ma a tutta la diocesi. Specie là dove ci sono poveri e persone sole. Tu sai la fatica del lavoro. Ma anche la gioia e la dignità che dona. Perciò, proprio come diacono, sappi essere molto vicino soprattutto ai giovani, a coloro che quel lavoro lo cercano e lo sognano. Con tutte le loro forze ed ansie. Loro e dei loro familiari.
  1. – Il diacono oggi è proprio colui che più di ogni altro fa da ponte tra la Chiesa e i giovani disoccupati, soprattutto con l’empatia della vicinanza, nell’accompagnamento dei giovani lungo gli anni della disoccupazione, certi della provvidenzialità anche nella precarietà, vissuta come benedizione. Il primo dono che nasce dal tuo diaconato è l’interessamento attento ai problemi dell’altro, tanto vivo che può diventare angoscia, come lo è stato per Giuseppe, quel giorno che, insieme a Maria la sua sposa, non ha trovato Gesù, lungo il suo viaggio, come abbiamo ascoltato nel vangelo: Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo. Quell’angoscia sia anche la tua. Che ti porta a ritornare indietro, a cercare chi è fuori, a non accontentarti mai di chi già viene in chiesa. A chiederti sempre, anche con incontri ben organizzati, culturalmente interessanti e pungenti con le forze politiche ed amministrative e culturali (come deve fare un bravo diacono!) il perché ci hai fatto questo? Perché sta avvenendo quello che vediamo? Perché i giovani scappano?

 

E’ utile allora rileggere una pagina storica, ormai di papa Francesco sul piazzale di santuario dell’addolorata, in Castelpetroso: “Non voglio finire senza dire una parola su un problema che vi tocca, un problema che voi vivete nell’attualità: la disoccupazione. E’ triste trovare giovani “né-né”. Cosa significa, questo “né-né”? studiano, perché non possono, non hanno la possibilità, lavorano. E questa è la sfida che comunitariamente tutti noi dobbiamo vincere. Dobbiamo andare avanti per vincere questa sfida! Non possiamo rassegnarci a perdere tutta una generazione di giovani che non hanno la forte dignità del lavoro! Il lavoro ci dà dignità, e tutti noi dobbiamo fare il possibile perché non si perda una generazione di giovani. Sviluppare la nostra creatività, perché i giovani sentano la gioia della dignità che viene dal lavoro. Una generazione senza lavoro è una sconfitta futura per la patria e per l’umanità. Dobbiamo lottare contro questo. E aiutarci gli uni gli altri a trovare una via di soluzione, di aiuto, di solidarietà. I giovani sono coraggiosi, l’ho detto, i giovani hanno speranza e – terzo – i giovani hanno la capacità di essere solidali.

  1. – Per questo, un diacono è anche una spina nel fianco. Mai contento di quello che già sa e fa. Ma sempre pronto alla ricerca teologica, alla criticità di fronte ai fatti. Inquieto, come Maria e Giuseppe, quando non trovano Gesù. In corsa, per ritrovarlo. E’l’importanza dell’aggiornamento, delle riviste lette e studiate, della corsa fatta insieme, in stile sinodale. Maria e Giuseppe. Il diacono ed il suo Parroco. Tu diacono e gli altri bravi diaconi, dato che abbiamo veramente una bella squadra di diaconi permanenti, di cui siamo fieri. Inoltre unita sia la scuola e la famiglia. La maggioranza e la minoranza in un comune. Non una contro l’altra, ma una insieme all’altra. Solo allora, saremo capaci di ritrovare Gesù! Siate, voi per primi, parroco e diacono, il segno sinodale di una Chiesa che cammina insieme, che cerca insieme, che insieme vive l’angoscia delle ansie e limiti di un paese! Come dice il concilio, nella Gaudium et Spes.
  2. – E non mancherà il giorno in cui anche tu, come chiesa, dovrai difendere il piccolo bambino Gesù. Cioè attivando la presenza presso le fatiche di questo nostro tempo. Sia tuo impegno, come diacono, quello di difendere i piccoli e di deboli; di star vicino agli immigrati, tanti anche a Castellino e in diocesi, quelli che nessuno guarda. Accanto agli ammalati, che nessuno visita. Capace di intuire le necessità nel cuore delle famiglie, delle coppie, nei giorni della solitudine o dell’amore che rischia di spezzarsi, certo che Dio sa sempre rispondere alle nostre difficoltà, nei momenti difficili. Come per Maria e Giuseppe, ci permette i ritrovare Gesù. Ho raccolto, oggi, una freschissima testimonianza di una coppia giovane che ha già tre figli ed una in arrivo. Mi confessava, con candore, il papà che nulla è mai capitato caso nella loro vita. Ma proprio nei momenti in cui pareva potesse esserci una crepa nel loro amore, è apparso un nuovo impegno, come il dono di un figlio in più! Cioè un segno che chiedeva di più. La tua difesa della comunità sia perciò sempre pronta e tenace, chiara e vigorosa. Capace di intuire, prima, i problemi in arrivo, nella preghiera e nel dialogo con la gente e con il tuo parroco, per poi sanare e rimediare. Come fece Giuseppe, davanti ad Erode.

 

  1. Anche il fatto che tu non sei sposato, ma hai scelto il dono del celibato, come perla della tua missione, come facciamo anche noi sacerdoti, questo ti sia uno stimolo per una dedizione ancora maggiore. La Scelta del Celibato vi è innestata. Si sceglie di servire in verginità, proprio perchè si ama questa chiesa in “verginità”, in libertà d’amore perenne e fedele. Vivo e vivacizzante.

      Sant’Agostino, con quel suo latino così espressivo, aveva creato uno slogan: “Liber quia libens“, cioè amo con li­bertà, poichè sono amato in dolcezza. E con dolcezza, con gioia, restituisco quell’amore ricevuto, dove “libens” sta proprio per dirci la carezza, la forza delle relazioni ancor prima delle azioni. Questo stile di dolcezza relazionale sia la forza convincente, in ogni contesa o difficoltà. Il miele che opera più dell’aceto, come amava dire san Francesco di Sales. Si farà zelo, passione, ardore: pur dentro un neces­sario atteggiamento di prudenza e di vigilanza, saggia e condivisa, sempre con il sostegno di una comunità che ti verifica e di un padre spirituale che ti accompagna.

      Le relazioni fraterne renderanno quel “libens” dolce e vero. Un giogo dolce e leggero “quia libens“. Mai giudicare, mai condannare. Ma sempre comprendere, in un cuore di misericordia, verso questo nostro Giubileo.

 

  1. E proprio nel racconto di Luca, oggi, notiamo un gesto molto bello, quello cioè di un Gesù che viene trovato da Maria e Giuseppe mentre nel tempio ascolta la Parola dei sapienti e li interroga. Un reciproco confronto attorno alla Cioè, un piccolo Cenacolo del Vangelo, quel tempo nella vita pastorale in cui dai la precedenza alla Parola. Sarà per te una riscoperta perenne la Proclamazione del Vangelo ad un popolo che attende con chiarezza la parola di vita. Leggilo con passione. E cantalo con gioia, con solennità, vertice della tua vita. “Non fate cadere a vuoto  nessuna delle Parole di Dio” come per Samuele.

      Lo Spirito Consolatore ti aiuterà, come spiega il Concilio. Poichè è con quello Spirito che il popolo di Dio accoglie la Parola come parola di Dio e non di uomini; aderisce indefittibil­mente alla fede; penetra in essa, a fondo, scavando nella “scrutatio” che resta la grande arma per ogni cristiano; e poi, più pienamente l’applica alla vita!

E’ il grande cammino che ti ha sostenuto, sia in parrocchia che nella scuola di teologia, dove sei stato forgiato, certo del saluto affettuoso di tutti i tuoi docenti, che ancora una volta ti chiedono di essere propositivo, più lanciato, meno timido, appassionato nelle cose tue e nelle cose del Padre. Lo studio della Parola sarà così la tua arma più efficace, contro i dardi del diavolo. E sempre in uno spirito di  orazione.

Scrive la Imitazione di Cristo: “Tu solo, Santo Spirito, Consolatore, mi puoi ammaestrare pienamente. Gli uomini possono far risuonare parole, ma non danno lo spirito. Parlano bene, ma se Tu non intervieni, non accendono il cuore. Lasciano degli scritti, ma sei Tu che ne mostri il significato. Presentano i misteri, ma sei Tu che sveli il senso di ciò che sta dietro il simbolo. Emettono ordini, ma sei Tu che aiuti ad eseguirli. Indicano la strada, ma sei Tu che aiuti a percorrerla. Essi operano solamente all’esterno, ma Tu prepari ed illumini i cuori; essi irrigano superficialmente, ma Tu rendi fecondi i cuori; Essi fanno risuonare parole, ma sei Tu che aggiungi all’ascolto il potere di comprendere!”. (Li. III,2).

 

  1. Ed infine, un ultimo dono che non deve mai mancare nella tua vita, poiché come diacono ti impegni, ufficialmente, alla Preghiera Reciproca. E’un momento grande, ufficiale, così che il tuo cuore si fa voce del mondo. Segui la Liturgia delle Ore con cura e fedeltà, ogni giorno, ed anche nel cuore della notte! Come ci è già stato insegnato, con animo ecclesiale, come una preghiera di intercessione, anche nel triplice gemito che Paolo esprime nella lettera ai Romani: “Il gemito del creato per una creazione nuova; il gemito dello Spirito per una costante intercessione reciproca; il gemito del cuore che si       fa speranza in ogni vostra difficoltà“. (Rom 8). E’ lo Spirito “che piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido e drizza ciò che è sviato“.

 

  1. Un consiglio finale: ti riaffido lo slogan che abbiamo maturato nella festa del Corpus Domini dell’anno scorso: Il cristo adorato ed il cristo servito. Cioè, vi sia in te una grande passione per l’Adorazione eucaristica, intrecciata con il servizio alla mensa, nella casa degli Angeli. Anche per la presenza accanto a te di don Pino Romano, vice direttore della caritas diocesana, uomo dal grande cuore, per tutti.

 

  1. – Non sei diacono solo per castellino, pur essendo maturato qui, tra queste case e stradine. Ma sei diacono per tutta la diocesi, con un cuore missionario, che potrà andare anche oltre i confini. Partecipa perciò sempre agli eventi della diocesi, vibra per le necessità di tutti, cura la tua formazione permanente, sii sempre audace e inventivo.

 

La vergine Maria ti protegga e ti benedica, sempre, e ti ponga sotto il suo manto, insieme al suo casto sposo Giuseppe! Mai i manchi quella bella esortazione della Chiesa: Ricevi il vangelo di Cristo del quale sei diventato l’annunciatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede; vivi ciò che insegni!. Amen.

                 

                                                                 Tuo, + p. GianCarlo, Vescovo

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