Omelia del vescovo per le sacre esequie di Massimiliano, di anni 17. Bregantini, una città che perde i suoi ragazzi rischia di diventare uno stagno!

“Volegranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto!”. (Gv. 19,, 37)

Così oggi, anche noi volgiamo lo sguardo verso questo giovane, Massimiliano, che ci ha dolorosamente lasciato, in un sofferto momento di grande sconforto. Uno sguardo che si fa occasione di intensi e decisivi palpiti di riflessione alternativa. Per il cuore di tutti, ad iniziare dal cuore della parrocchia. Per il cuore di tutti, ad iniziare dal cuore della parrocchia, della scuola e soprattutto della sua famiglia. da quella casa da cui siamo partiti, pochi istanti fa!

Non è facile esprimere, anche da parte mia, quello che il nostro cuore sente e vive. Immenso è il dolore. Grande lo sconcerto. Acuitissime le domande che sconvolgono il cuore e la storia di ciascuno, specie dei suoi compagni di scuola qui presenti numerosissimi, la grande preghiera di riflessione.

Eppure, proprio in questi eventi è intensa la lezione di vita che il signore Dio ci manda. Ci parla, sempre, ma soprattutto ora. Ci scuote, ci incide nel suore. Ma anche ora, va detto subito, per sfatare ataviche paure, le braccia misericordiose di dio sono aperte. Per accogliere Massimiliano, anche nel suo gesto sofferto. Anzi, mai come ora le sue braccia, quelle braccia di Misericordia si aprono. Tutti siamo attesi. Ma lo è in modo particolare chi più soffre. Chi sente di più l’amarezza della vita, più viene abbracciato dal Padre, per essere da dio portato in Paradiso. Insieme a tutti i nostri parenti ed amici. Insieme!

Pare di sentire, dal cielo, anche ora quella voce che Gesù ha rivolto ai suoi, mentre pendeva dalla Croce: “Vergine Maria, ecco tuo figlio, accoglilo, accompagnalo con grazia e  luce”. Ecco, tuto figlio. Perché come dice la lettura degli Atti degli Apostoli 13,23 -39) “mio figlio sei tu, oggi ti ho generato!”. Restiamo sempre figli. Sempre! Specie nei gesti estremi! Sempre. Oggi ti ho generato!”. Oggi! Perché Dio non permette che questo ragazzo subisca la corruzione della disperazione. Ma lo accoglie, lo fa suo, lo rigenera suo figlio! La fragilità è redenta! Le porte si sono aperte! Tutti sono sotto la Croce di Gesù.

Inoltre, dopo questa speranza certa di accoglienza, nel cuore nostro non ci deve essere un posto per due sentimenti negativi, che ci spezzano il cuore. prima di tutto: “tutti siamo a piangere sotto la Croce. Con Maria, la madre di Gesù e con san Giovanni. Togliamoci quel senso di colpa che ci distrugge! Non serve arrovellarsi in ricerche di colpe. Il senso di colpa scava e distrugge i cuori! Non serve a nessuno. Non genera speranza. Ma infinita e crescente, inconsolabile amarezza! E tanto meno, nessuno osi puntare il dito contro altri. Nessuno dica che è colpa tua! “Chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro …! Restiamo tutti ai piedi della Croce. Il pianto ci consola. Il pianto libera dal cattivo senso di colpa. Non serve accusare, né se stessi né gli altri.

Cresciamo, invece, nella corresponsabilità. Cioè, nella riflessione comune alla luce della Risurrezione di Gesù: “dio lo ha risuscitato dai morti…noi vi annunziamo che tale promessa si realizza ora, perché nessuno sia vittima della disperazione e del fallimento!”.

Credere in Cristo risorto significa invece assumere con consapevolezza tre precisi impegni, che mi permetto, come Vescovo, di rivolgere a ciascuno di voi, secondo il proprio compito familiare o sociale o educativo.

  1. Ai ragazzi, agli adolescenti, ai giovani tutti: preparatevi alle amarezze della vita; ai NO, alle difficoltà, ai dispiaceri che sempre accompagnano il nostro vivere. Alziamo invece lo sguardo, agli ideali più belli. Coltiviamo i SOGNI, i valori, il cuore che tende alle vette. Quelle vette che ti conquistano, prima ancora che tu le conquisti! Oltre i nostri telefonini, che ci imprigionano. Per gustare un fiore, un tramonto, il cielo azzurro di oggi. Senza mai dimenticare che c’è sempre qualcuno che ha bisogno di te, nel volontariato, nel dono del proprio tempo ai più poveri!
  2. Agli adulti e docenti e parroci: accompagniamo i nostri ragazzi. Accompagnare è l’arte dell’adulto. Non per sostituirsi a loro. Non per compiangerli come “poverini”. Ma per renderli forti, capaci di camminare con le loro gambe! Pronti alla sfida della vita. Vicini, ma anche rispettosi. Solidali, ma per farli liberi; non dipendenti da noi. Pronti! E’ il quotidiano, la realtà di tutti i giorni che va presa con misura e verifica. Con spazi diversi tra le diverse agenzia educative. Ma con lo stesso cuore, che dica e faccia sentire tutti i giovani la stessa voce di Gesù e Maria, verso Giovanni: “ecco, tuo figlio!”. Ed anche “Ecco, tua madre!”. In quel poter rassicurare, tutti: “Io ci sono, sono qui! Non avere paura. Non temere!”.
  3. Infine, un monito alla città tutta. Tutti infatti, oggi, piangiamo questo figlio. Ed una città che perde i suoi ragazzi rischia di diventare uno stagno, dove le cose non si muovono più verso la vita nella loro fioritura. Costruiamo con i giovani luoghi di speranza, ravviviamo gli Oratori, spazi di ascolto. Anche la prossima campagna elettorale renda protagonisti i giovani nei programmi. Creiamo luoghi8 di vita e non di disperazione, dove si consuma la vita ma non la si gusta. Sentano che per la città sono preziosi. Unici. Vitali. “Perché c’è bisogno di parole di amore, ma di vivere con amore, ad iniziare dalla famiglia. Dio ci benedica

 

+ padre GianCarlo, arcivescovo

 

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