Aggiornamento del clero, relazione di don Michele Falabretti

Villa di Penta, 5 luglio 2017.

E’ stato un bel momento, questo ascolto di don Michele Falabretti. Incisivo, sereno, piacevole. Oltre che intenso e soprattutto propositivo, senza mai essere impositivo. Si sentiva un cuore di forte empatia, esperto per i tanti anni passati nel mondo giovanile, fin dagli inizi del suo sacerdozio. Ha gustato il nostro canto dell’Adore Te, devote, fatto durante l’adorazione eucaristica, con semplicità e fede. Perché gli ha ricordato gli anni entusiasti della sua formazione. Grato a Dio, perché la sua fede (come per tanti di noi, preti o diaconi, oggi!) è stata vissuta in un ambiente sereno, solido, di forte crescita liturgica e teologica. Non è la stessa cosa, però, per i giovani di oggi, avvolti da tanta precarietà, fattore culturale e sociale che incide, perciò, anche sul piano del sentire e vivere la loro fede. Per questo, ora don Michele conserva uno sguardo aperto al mondo, dato il suo incarico di collaboratore per il Sinodo mondiale su i giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

I temi trattati sono stati molti, sempre accostati con grande competenza e serenità, insieme. E’ infatti partito dal calore che ha già questo Sinodo mondiale. Non di grandi decisioni dogmatiche, ma di concreta vicinanza ed esperienza pastorale. Occasione di forte serenità, pur dentro un impegno evidente. E’ un cuore a cuore, sullo stile di don Lorenzo Milani: I care!.

Nella fase di preparazione, per ben due giorni, il Papa stesso vi ha partecipato. Sempre in attento ascolto, con appunti di condivisione. E per parte nostra, prima ancora di metterci in ascolto del relatore, abbiamo dedicato una ventina di minuti, per ascoltare il famoso discorso del papa fatto ai giovani di Castelpetroso, proprio tre anni fa. 5 luglio 2014: Una data che resterà ormai nella storia della nostra bella diocesi. In mano, ai sacerdoti e diaconi, era già stato consegnato un fascicolo, apposito, pensato come strumento che potesse suscitare nelle parrocchie e nei consigli pastorali quella vivace discussione, con precise domande, che è ora necessario porre alla attenzione di tutti. Con le relative risposte, poiché tutte le diocesi sono invitate a presentare la loro relazione entro fine agosto 2017. Ci si è infatti chiesto se sia il Sinodo dei giovani o il sinodo dei Vescovi? La risposta è precisa e coinvolgente: Sinodo dei Vescovi, ma con i giovani!

Ovvio, che il lavoro nella pastorale giovanile dovrà proseguire anche dopo aver completato il questionario. Anzi! Perchè dobbiamo andare ben oltre il questionario, anche se è sempre stimolante e capace di farci pensare, tutti insieme, in stile sinodale. Soprattutto è utile porre dei precisi segni di coinvolgimento dei nostri giovani. Ad esempio, don Michele riproponeva il segno del pellegrinaggio a piedi, lungo i santuari del Molise, per una settimana, in Agosto 2018, per poi giungere tutti insieme, regione per regione, fino a Roma, da papa Francesco. L’iniziativa dovrà essere poi ripresa, nelle rispettive sedi pastorali, specie dalla nostra consulta e quella del Molise, a livello interdiocesano e di metropolia.

                                                                                  Il contesto culturale odierno

Il documento deve sempre conservare uno sguardo mondiale e non europeo. E’ stata anche questa la risposta ad alcune precise domande che sono state poste al termine della relazione. Soprattutto il documento descrive il nostro contesto e parla con chiarezza della vulnerabilità dei nostri giovani, segnati dal clima della precarietà. In un contesto che fa saltare le normali categorie spirituali e culturali, che erano invece alla base di altri momenti storici. Rendendo drammatica la vita dei nostri ragazzi, messi alla prova dalla tecnologia. Non per il telefonino, in sé, quella scatoletta che ci rende il mondo tutto vicino. Ma soprattutto perché dietro c’è una filosofia di vita: il provvisorio, reso dalla frase: Fai e Impara, prova da solo, già tanto, anche se sbagli, non succede nulla!

Lo stile del Vangelo, invece, ribadito con chiarezza anche da papa Francesco, nel suo discorso ai giovani a Castelpetroso, è quello del Per sempre!Seguimi, prendi la tua croce, vieni dietro a me!Non aver paura!

Tutto negativo? No, certamente, poiché questo stile culturale del provvisorio sviluppa invece il senso del cammino, dell’itinerario. Cioè, non dare tutto per scontato. Non ovvio. Per una fede aperta. Mettersi, sempre, in cammino. Per camminare la vita, non per girarla. Ha così una forte impatto sulla fede la forza del desiderio, della relazione, del contatto diretto con le persone non con un dogma! L’emozione, anche se fragile, di fatto orienta oggi il nostro sguardo verso Dio.

Questo comporta un peso minore dato alla religione e alla morale. Per un’accentuazione, invece, sulla spiritualità. Va rievangelizzato il desiderio di Dio e verso Dio. Ricuperando così una frase, già detta da Edith Stein, dove chiedeva al nostro tempo di unire sempre l’amore con la verità. E la verità, con l’amore. Mai la verità senza amore e mai l’amore senza la verità, poiché quando manca l’una nell’altra si precipita in una menzogna distruttiva. Come del resto ci ha insegnato papa Benedetto, nella celebre sua enciclica Caritas in Veritate! San Bernardo aggiungerebbe che quando Dio dona l’amore, contemporaneamente dona la sapienza. Cioè la verità, che va incontro all’amore per mantenere vivo lo stupore davanti alla grandezza di Dio. Invece quando l’amore va incontro alla verità, è perchè essa si conservi umile, ricordando che tutto è uscito dalle mani di Dio.

Ecco perché allora non basta verificare la fede dei nostri ragazzi solo con il criterio della messa domenicale. Decisiva, certo, nel loro itinerario. Ma punto da raggiungere, insieme, non punto partenza. Spesso, infatti, noi affermiamo,in modo sbrigativo: Non vengono alla Messa; perciò non ci credono!. – NO! Rispondono invece i giovani, noi ci rediamo in Dio!

                                                                                             La risposta della comunità

Occorre allora attivare processi inclusivi e non esclusivi. Capire cioè quali sono le risposte che una comunità può dare, per attivare nei giovani il gusto del desiderio, per poi con loro compiere un lungo e sofferto (ma vero!) processo di inclusione nella comunità ecclesiale. Chi frequenta e pratica non si sentirà privilegiato. Ma missionario, nella logica della Chiesa in uscita. Non esclude, ma include. Perché il nocciolo del cristianesimo non è quello di chiedersi: Ma io chi sono?. Decisiva, invece, è la domanda: Ma per chi sono, io? Per chi vivo? Dove pongo il mio sguardo?

Uno sguardo che lentamente si porrà proprio sulla croce, in un crescendo progressivo di fede che sente di dover rispondere alla grandi domande della vita. Fino alla scelta vocazionale! Le stesse, perciò, che ha dovuto affrontare anche san Giovanni, di cui si riporta, all’inizio del documento preparatorio, il famoso brano della sua chiamata, in Gv 1,36-39. Sempre, anche oggi, va posta ai nostri giovani, come è stata posta nel cuore nostro, la domanda: che cercate?. E alla loro replica: Rabbì, dove abiti?, segue la risposta-invito del Signore: venite e vedrete! 1,38-39). Gesù offre un percorso interiore ed una disponibilità a mettersi concretamente in movimento, senza ben sapere dove questo li porterà. Sarà un incontro memorabile, tanto da ricordarne l’ora! (1,39).

Ma quello slancio iniziale – sottolineava don Michele, anche in linea con il documento programmatorio – Giovanni lo deve poi mettere alla prova, in altri cinque contesti, ben delineati. Figura del nostro attuale cammino di fede! Nell’ultima cena (Gv 13,21-29) la sua intimità con lui lo condurrà a reclinare il capo sul petto di Gesù, per affidarsi pienamente in Lui. Poi, nel condurre Simon Pietro presso la casa del sommo sacerdote, affronterà la notte della prove e della solitudine (Gv 18,13-27). Sotto la croce, accoglierà il profondo dolore della madre, cui viene affidato (19,25-27). E nel mattino di Pasqua, egli condividerà con Pietro la corsa tumultuosa e piena di speranza, verso il sepolcro (Gv 20,1-10). Infine, davanti alla straordinaria pesca presso il lago di Tiberiade (21,1-14), egli riconoscerà il Risorto e ne darà testimonianza alla comunità. Come si vede, è qui ben esposto ogni nostro itinerario di fede e di vocazione, in un progressivo discernimento interiore. Si scopre, adagio adagio, la forza della chiamata. Le esigenze connesse con questo impegno, che si fa sempre più pieno e più bello, oltre che maturo.

Perciò, come poi hanno ben evidenziato i gruppi di studio, occorre un affettuoso ed empatico accompagnamento alla fede e alla vocazione, fatto di tanto ascolto e direzione spirituale, impegno nel volontariato come palestra di fede, rilancio degli oratori, stima per l’arte e i festival, saggio uso della musica nei cori e del folklore nel rispetto e stima per le tradizioni dei nostri paesi, la forza aggregativa dello sport, la bellezza della cultura, la saggezza di un dolore accompagnato come scuola di vita. E tanta preghiera, con la forza di discernimento che dona la parola di Dio.

Nel cammino vocazionale, poi, ogni prete è un tesoro. Con il suo sguardo, il suo stile, la sua passione trasmette di fatto la gioia di essere stati chiamati dal Cristo, innamorati di lui, in un cammino condiviso, per tappe, sia parrocchiali che diocesane, come i campi estivi per le vocazioni (Cercemaggiore, 17-19 luglio).

Ancora una volta, un grazie a don Michele e a tutti voi, per la vostra attenzione e partecipazione, soprattutto nella mattinata, meno nel pomeriggio, per i gruppi, dove si sperimenta la fragilità di molti! Ma la voce di Dio arriva anche tramite i pochi. Dio farà il resto, come sa fare, sempre, poiché è quando sono debole che sono forte!

aggiornamento clero, Falabretti, 6.7.17

 

 

 

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