Con grande gioia, la comunità parrocchiale di San Giacomo Maggiore in Roccamandolfi (CB) ha accolto don Fabrice Ouedraogo come nuovo amministratore parrocchiale.
Originario della Costa D’Avorio, don Fabrice porta con sé un ricco bagaglio umano e spirituale maturato nel suo cammino di fede e nel servizio pastorale. La sua presenza rappresenta un dono prezioso per la comunità, chiamata a proseguire il proprio percorso di crescita nella condivisione e nella fraternità cristiana.
L’ingresso di don Fabrice è stato vissuto in un clima di emozione e gratitudine, segno di una comunità viva e accogliente. Le parole di vicinanza e di augurio a lui rivolte testimoniano il desiderio di camminare insieme con fiducia e rinnovato entusiasmo evangelico. Che questo nuovo capitolo della vita parrocchiale possa essere ricco di incontri, di ascolto e di speranza.
Con il cuore aperto alla fede e alla missione, auguriamo a don Fabrice di continuare a portare la luce del Vangelo a chi incontrerà, con la stessa dedizione e gioia che hanno segnato il suo cammino fino a oggi.
Omelia di S. Ecc. Mons. Biagio Colaianni in occasione dell’ingresso di don Fabrice Ouedraogo come amministratore parrocchiale nella comunità di San Giacomo Maggiore a Roccamandolfi (CB)
Carissimi,
la Parola di oggi ci invita a riflettere sulla fede, una fede unita alla preghiera che sia perseverante, costante, forte. Domenica scorsa il Signore ci aveva già mostrato la preghiera della vedova: una preghiera insistente, fiduciosa, che ottiene perché si affida e si fida di Dio.
Oggi ci chiede di compiere un passo in più: di guardare alla qualità della nostra preghiera. Perché la preghiera, per essere autentica, deve essere umile. Deve saper riconoscere che davanti a Dio noi non siamo Dio.
La prima lettura ci ha detto: «Il Signore è giudice, per Lui non c’è preferenza di persone.» Eppure, non è del tutto così. Il Signore fa preferenza: non per escludere, ma perché ha un amore preferenziale per i poveri, per chi è oppresso, per chi è nel bisogno.
Come un genitore che ama tutti i figli, ma si china di più su quello che è malato o più fragile, così fa Dio. Ecco perché la Scrittura dice che la preghiera del povero attraversa le nubi e giunge al cuore di Dio.
Il povero non impone, non pretende: chiede, si affida, attende. E Dio, che è giusto e misericordioso, lo ascolta sempre.
Nel Vangelo incontriamo due uomini che pregano: un fariseo e un pubblicano. Il fariseo era un uomo pio, osservante, rispettato; il pubblicano, invece, era considerato peccatore, disonesto, disprezzato. Eppure, dice Gesù, solo uno dei due torna a casa giustificato.
Il fariseo non prega Dio: prega se stesso, usa Dio per autoesaltarsi. Dice: «Ti ringrazio, perché non sono come gli altri», e mentre lo dice, giudica, disprezza, condanna. Il pubblicano invece, consapevole della propria miseria, resta lontano, non osa alzare gli occhi al cielo e pronuncia solo poche parole: «Signore, abbi pietà di me, peccatore.»
Questa è la preghiera che tocca il cielo. Il povero si umilia davanti a Dio, il ricco di sé umilia gli altri. E Dio, che rovescia i potenti dai troni, esalta gli umili.
Chiediamoci com’è la nostra preghiera. Quante volte, magari senza accorgercene, ci poniamo davanti a Dio con la pretesa: «Ti prego, dunque mi devi ascoltare.» Quante volte abbiamo sentito dire: «Andavo sempre a Messa, eppure mi è capitato questo; pregavo tanto, e Dio non mi ha ascoltato.» E allora ci arrabbiamo, ci chiudiamo, smettiamo di pregare.
Ma quella non è fede, è contratto, non fiducia. La vera preghiera non pretende: chiede e si affida. Come un bambino che guarda la madre e dice «per favore». Come chi sa che l’amore non si compra, ma si accoglie.
Questa Parola la consegniamo oggi anche a don Fabris, che inizia il suo cammino come parroco in questa comunità.
Don Fabris, qual è il compito del parroco? Come ci suggerisce la Scrittura, sono tanti i compiti, perché il parroco è pastore di un gregge. E il pastore, dice Papa Francesco, deve avere l’odore delle pecore, deve condividere la loro vita, le loro fatiche, le loro gioie. Non da lontano, non dalla macchina, ma camminando con loro. Il pastore fa la vita delle pecore. Tu, don Fabris, insieme a don Andrea, sei chiamato a vivere con la tua gente, a pregare con loro e per loro.
Prega per la comunità. Non iniziare mai e non chiudere mai la giornata senza aver affidato al Signore il gregge che ti è stato consegnato. Impara a riconoscere i poveri: non solo quelli che vengono a chiedere aiuto, ma anche i poveri dello spirito, i soli, i feriti, gli invisibili.
Diventa la preghiera dei poveri. Non solo “prega per loro”, ma sii tu stesso preghiera offerta a Dio per chi è nella povertà e nel bisogno. Questo ti farà sacerdote umile, capace di offrire tutto per il bene di coloro che ti sono affidati.
E quando preghi, ricorda: non chiedere «dammi», ma di’ sempre: «Sia fatta la tua volontà.» Perché il rischio, per noi sacerdoti, e anche per te, don Fabris, è di pregare chiedendo cose che Dio non ha deciso di darci, perché non sono la sua volontà o non servono a noi e alla comunità.
Allora viene la delusione, il senso del fallimento, la solitudine. E ci chiediamo: «Perché Dio non ascolta?» Ma forse siamo noi a non sapere ciò che è giusto chiedere.
Affidati, allora, con tutto te stesso a Dio, e fa’ che la tua vita diventi preghiera.
Quando verranno la fatica e la prova, ti resterà il tuo rapporto con Dio, la preghiera umile di chi sa che Dio non abbandona mai. Anzi, proprio nella difficoltà e nella povertà, il Signore ti dirà: «Io sono con te più di ieri, più di quando eri sereno. Ora che sei nel bisogno, io sono con te in modo particolare.»
Sia questo il tuo sacerdozio, la tua preghiera. E la gente lo capirà, perché lo Spirito Santo che opera in te opera anche in loro. E lo Spirito racconterà alla comunità il tuo pregare, il tuo donarti, il tuo stare con loro.
San Paolo lo sapeva bene. Scrive a Timoteo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.» Eppure confessa anche: «Nella mia prima difesa, nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato.»
E aggiunge: «Ma il Signore mi è stato vicino, mi ha dato forza, e ho portato a compimento l’annuncio del Vangelo.» Anche a te, don Fabris, capiterà forse qualche momento di solitudine. Ma ricorda: il Signore non ti lascerà mai solo.
Annuncia sempre e solo il Vangelo, la persona viva di Gesù Cristo. Non aspettarti il plauso delle folle. A volte parlerai a pochi, ma se anche uno solo ascolta con cuore aperto, il Vangelo avrà portato frutto.
L’efficacia di Dio non dipende da quanto noi lo accogliamo, ma dal fatto che Egli è Dio. Noi preghiamo non perché vogliamo ottenere, ma perché vogliamo affidarci. Ogni Eucaristia, anche quella più semplice, è celebrata per il mondo intero.
Perciò oggi preghiamo per la nostra comunità, per don Fabris, per don Andrea, per il mondo intero, per la pace. Forse pensiamo: «A cosa serve la nostra preghiera di fronte ai grandi della terra?» Ma la preghiera umile dei piccoli muove il cuore di Dio.
Preghiamo per la pace, per i bambini che soffrono, per chi ha perso tutto. E chiediamo che don Fabris sia sempre segno dell’amore di Dio in mezzo a voi, con la forza e la gioia del suo ministero sacerdotale.
Don Fabris, qual è il valore che ritieni più importante per un parroco? Che la tua risposta sia ogni giorno la tua vita.
22 ottobre 2025
+ S. Ecc. Mons. Biagio Colaianni
