Un momento di grande unità e speranza per la comunità di Pastena a Castelpetroso, insieme nella chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari. La cerimonia della presa di possesso e dell’inizio del ministero pastorale di Don Donald Terlanga Mark DZEGENYON ha segnato un nuovo capitolo per la parrocchia e per tutti i fedeli. Con gioia, la comunità lo ha accolto augurandogli un fruttuoso ministero, ricco di serenità e di fiducia reciproca.

L’Arcivescovo ha sottolineato che la missione di Don Mark non sarà solo quella di essere guida spirituale, ma anche di collaborare con gli altri sacerdoti in un cammino sinodale, testimoniando l’amore di Cristo. Auguriamo a Don Mark e alla comunità di Pastena un futuro di crescita, serenità e fede condivisa, sempre guidato dall’amore di Cristo.

 

Omelia di S. Ecc. Mons. Biagio Colaianni inizio del ministero pastorale di Don Donald Terlanga Mark DZEGENYON nella chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari a Pastena – Castelpetroso

LA RISPOSTA ALLA CHIAMATA DI DIO

Il Signore è sempre vicino agli uomini e al suo popolo, intervenendo nella storia dell’umanità. Infatti, Mosè si trovava a pascolare il suo gregge, un’occupazione quotidiana e ordinaria. Questo ci ricorda la seconda lettura, dove si fa riferimento alla storia del popolo di Israele, un popolo che Dio ha sempre accompagnato, provvedendo loro del cibo e della bevanda spirituale. “Il Signore vi ha accompagnati,” afferma la scrittura, “perché Cristo è la roccia.” Nell’Antico Testamento, Dio è il punto di riferimento per il popolo: Egli è sempre vicino, pronto a intervenire e a chiamare.

Nella prima lettura, vediamo Mosè chiamato da Dio a diventare il suo interlocutore e guida per il popolo di Israele. Mosè si trova di fronte al mistero di Dio, quando vede un roveto che brucia senza consumarsi e, colpito dalla visione, comincia a interrogarsi. “Togliti i sandali, perché il luogo dove stai è sacro.” Questa scena ci invita a riflettere sul fatto che, davanti a Dio, bisogna sempre interrogarsi e non dare nulla per scontato. Noi conosciamo il Signore, ne parliamo, ma dobbiamo sempre aprirci al mistero di Dio nella nostra vita e nella storia dell’umanità. Quando ci poniamo in atteggiamento di ascolto e comprensione, possiamo scoprire quale sia il progetto di Dio per la nostra vita, il nostro tempo, e la nostra storia.

Dio, in tutto questo, chiama in maniera chiara e inequivocabile: “Mosè, Mosè!” Mosè deve rispondere, e la sua risposta è un semplice “Eccomi.” In questo primo passo, vediamo che il dialogo con Dio non inizia con una comprensione completa, ma con una risposta di disponibilità: “Eccomi!” Così, per noi, la chiamata di Dio è un invito a rispondere: “Sì, Signore, eccomi!” Questo primo “eccomi” è un passo che apre il dialogo con Dio, senza sapere ancora quale sarà la missione, ma con un cuore disposto ad accogliere ciò che Dio ci chiede.

La disponibilità a Dio porta con sé la curiosità, il desiderio di comprendere il suo volere. Cosa succede quando una persona risponde a questa chiamata? La stessa disponibilità che Mosè ha mostrato si riflette anche nella vita dei sacerdoti che, come Don Mark e Don Antonio, rispondono con serietà e apertura alla volontà di Dio. Don Mark, quando gli è stato chiesto di assumere una nuova responsabilità come amministratore apostolico, ha risposto con un “eccomi.” Non ha esitato, non ha detto “Fammi pensare,” ma ha obbedito con serenità, come ha fatto anche Don Antonio, che, pur dispiaciuto, ha accettato il compito con cuore aperto, senza esitazioni. Questo spirito di obbedienza e disponibilità è il cuore della vita sacerdotale e cristiana: una risposta pronta, nonostante il dispiacere umano, ma con la serenità che deriva dalla fede.

Quando si dà questa disponibilità, Dio apre uno spazio straordinario. Non è più un rapporto distante, tra l’uomo da una parte e la divinità dall’altra. Dio si avvicina all’uomo e lo invita a entrare nel suo spazio sacro. “Togliti i sandali, perché il luogo dove stai è sacro.” Dio invita Mosè a entrare nella sua divina presenza. Così anche per noi, Dio ci invita, attraverso il battesimo, lo Spirito Santo, l’Eucaristia, e la parola, a entrare nel suo spazio divino. Ma non ci allontana dalla nostra umanità; anzi, la nostra umanità diventa significativa e fruttuosa in Lui. La risposta a Dio, infatti, ci trasforma, rendendoci capaci di vivere una fraternità nuova, di servire gli altri con generosità e amore.

Questo dono che Dio ha fatto al popolo di Israele attraverso Mosè è lo stesso dono che Dio offre alle nostre famiglie, alle persone che incontriamo e alla nostra comunità. Attraverso la nostra risposta a Dio, Egli ci introduce nel suo progetto di salvezza e ci fa partecipi della sua grazia, per vivere come cristiani nel mondo. Mosè, chiamato a guidare il popolo di Israele, ci mostra che quando viviamo lontano dalla presenza di Dio, rischiamo di cadere. La seconda lettura ci ammonisce: “Chi crede di stare in piedi guardi di non cadere.” In altre parole, senza Dio, siamo fragili e vulnerabili. Ma se accogliamo il dono che Dio ci offre, la sua vicinanza ci aiuterà a non cadere.

Nel Vangelo, Gesù ci parla del male che esiste nel mondo. Ci sono due forme di male: il male che gli uomini causano agli altri e quello che deriva da eventi naturali, come disastri o calamità. Gesù chiarisce che questi eventi non sono una punizione da parte di Dio per i peccati degli uomini. “Non pensate che questi Galilei fossero più peccatori di tutti gli altri Galilei.” In altre parole, non possiamo interpretare la sofferenza come una punizione diretta di Dio. Dio, infatti, non è mai colui che manda il male, come un genitore che non vorrebbe mai la morte del proprio figlio, anche se questo si comporta male. Allo stesso modo, Dio non desidera il male dei suoi figli, ma la salvezza di tutti.

Gesù, venendo tra noi, ha mostrato che Dio è un Padre misericordioso, che perdona e che dimentica i nostri peccati. E proprio in questa misericordia si inserisce la parabola del fico. Il fico rappresenta l’uomo, creato da Dio, che dovrebbe portare frutti. Ma, come spesso accade, l’uomo non sempre porta frutto. “Lascia che me ne occupi io,” dice il coltivatore, che simboleggia Gesù. Anche quando l’uomo non è fruttuoso, Gesù continua a coltivarlo con amore e pazienza, affinché possa dare frutti. È grazie alla grazia di Dio, allo Spirito Santo, all’Eucaristia e alla parola che possiamo dare frutti abbondanti, frutti di amore, di pace, di misericordia.

Cari fratelli e sorelle, lasciamoci coltivare dal Signore con il suo amore, affinché anche noi possiamo portare frutti abbondanti. Come i sacerdoti, come Don Mark e Don Antonio, rispondiamo con un “Eccomi,” pronti a servire e a vivere il nostro cammino cristiano. Che il Signore, attraverso la sua grazia, ci aiuti a vivere questa chiamata e a essere testimoni del suo amore, per il bene di tutti.

Domenica 23 marzo 2025

 + S. Ecc. Mons. Biagio Colaianni