IL VENERABILE PADRE RAFFAELE DA SANT’ELIA A PIANISI
Domenico Petruccelli nasce a Sant’Elia a Pianisi in una famiglia di umili condizioni. Il padre Salvatore coltiva i campi, la mamma Brigida si occupa a casa di accudire i figli. Il piccolo cresce in un clima di profondo rispetto e di condivisione dei valori religiosi, ma il padre del piccolo Domenico, mano a mano che cresce, sogna per il figlio una sistemazione che non sia quella dell’agricoltore, ma neppure quella che possa condurlo alla vita religiosa.
Invece Domenico, attratto proprio dalla vicinanza del convento con la sua casa, inizia a dirigersi spesso verso la chiesa conventuale ed a frequentare i frati che nel convento vivevano. Così, dopo aver superato con molta fatica le resistenze opposte dal padre, assecondato invece dalla madre, nel 1834 bussa al noviziato del convento di Morcone ed a lui viene dato il nome dell’arcangelo Raffaele. Con i voti di povertà, castità ed obbedienza si lega in maniera definitiva all’Ordine francescano il 10 novembre del 1834. Dopo aver accarezzato l’idea di condurre una vita eremitica all’Eremo di Capodimonte a Napoli, il 29 marzo del 1840 viene consacrato sacerdote a Larino. Non sentendosi completamente preparato a svolgere il ministero sacerdotale, ottiene dai superiori il permesso di frequentare il seminario dei Gesuiti a Benevento, per approfondire la predicazione e l’amministrazione dei sacramenti (soprattutto quello della penitenza). Negli anni successivi viene trasferito prima a Torremaggiore e, a trentasei anni nel 1852, a Morcone dove gli viene affidato il compito di impartire la preparazione ai novizi, prima come vicemaestro e poi come maestro; un compito che egli assolse con lo scrupolo e l’umiltà che erano connaturati a lui; basti pensare che padre Raffaele non volle mai assumere l’incarico di guardiano di un convento, fuorchè negli anni della soppressione degli ordini religiosi.
Padre Raffaele nel 1855 giunge nel convento di Campobasso: questa parentesi è importante perché consente di capire meglio quanto continuasse ad essere umile e servizievole questo cappuccino che prestò assistenza ai carcerati ed agli ammalati, forte di una piena e completa adesione alla vita sacramentale ed eucaristica. La messa che celebrava nella Chiesa della Libera era sempre affollata di fedeli e ci sono testimonianze da parte di alcuni fratelli che lo videro elevato in estasi durante la cerimonia, particolarmente quando era rapito dall’adorazione e dalla contemplazione della Madonna.
“L’umiltà e la carità che albergavano nel suo cuore – ha scritto il suo principale biografo, padre Rosario Borraccino, autore di due libri sulla sua vita – e il desiderio di penitenza, da sempre ricercata, sono alla base del suo impegno sacerdotale a Campobasso a favore degli ultimi in un momento storico particolare. Ritengo gli ultimi, quelli che sono stati e che sono in parte anche oggi più abbandonati e proprio per questo maggiormente bisognosi di una presenza di conforto, specie in condizioni straordinarie. Quelli che si meritarono, direi di preferenza, ma non certo esclusivamente, il conforto spirituale dal padre Raffaele furono quanti tra i carcerati, soldati e i ricoverati in ospedale avvicinò in punto di morte”.
Gli anni di padre Raffaele a Campobasso coincidono con quelli dell’annessione del Regno delle due Sicilie – e quindi del Molise – al Regno d’Italia e del varo delle leggi sabaude che sopprimevano gli istituti religiosi. Provvedimenti anticlericali erano già stati assunti dal Regno di Sardegna nel 1848 contro i Gesuiti e nel 1855 contro gli ordini e gli istituti religiosi, ma il disegno venne completato, dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, con la legge del 7 luglio del 1866, anche se il regime di soppressione si attenuò progressivamente in concomitanza della nuova fase dei rapporti tra Stato e Chiesa.
Per effetto di quelle leggi dal 1865 i cappuccini dovettero abbandonare sia il convento della Pace che la Chiesa della Libera e padre Raffaele dovette raggiungere il convento di Sant’Elia dove rimase per circa venti anni. A Sant’Elia, nonostante la severità nell’applicazione delle nuove leggi, padre Raffaele continuò a vestire il saio ed a vivere nel convento, anche se esso era stato affittato ad una famiglia napoletana che lo adibì a mulino e a deposito. Padre Raffaele ne soffrì moltissimo, ma questo non gli impedì di continuare a vivere da francescano e da sacerdote, sempre attorniato dal popolo santeliano e sempre impegnato nella meditazione, nella celebrazione della santa messa, nelle confessioni, nelle visite agli ammalati ed ai bisognosi.
Quando si inizia a stemperare l’effetto delle leggi sulle soppressioni, l’intera provincia francescana di Sant’Angelo-Foggia inizia a riorganizzarsi e padre Raffaele viene inviato a Morcone nel 1888, con la responsabilità di dedicarsi nuovamente ai novizi. Qui rimarrà praticamente fino al tempo immediatamente precedente la sua morte. E quanto fosse necessario come esempio per i giovani che si avvicinavano alla vita francescana lo dimostra proprio il fatto che, nel vortice dei trasferimenti disposti in quegli anni, l’unico a non essere toccato fu proprio lui, in quanto i suoi superiori erano consapevoli che la sua stessa vita quotidiana era un esempio mirabile permanente per i novizi che si apprestavano a vivere la Regola francescana.
Il 18 settembre del 1900 padre Raffaele torna a Sant’Elia accolto da una folla numerosa e festante che nemmeno lui avrebbe mai potuto immaginare; a settecento metri dal paese gli si fanno incontro i santeliani che lo accompagnano a braccia fino al convento. Qui inizia l’ultima parte della sua vita esemplare: continua a svolgere gli impegni consueti della sua vita e del suo apostolato, ispirati unicamente a Dio ed alla fedeltà totale alla Regola francescana. Ma intanto peggiorano anche le sue condizioni di salute. Ancorchè amorevolmente assistito dai confratelli che popolano questo convento, padre Raffaele si spegne la sera dell’Epifania del 6 gennaio 1801: “Ha fatto la morte del giusto – scrisse dopo i funerali l’arciprete di Sant’Elia don Francesco Teutonico – perché da giusto ha vissuto, essendo stato l’osservante più rigoroso della regola di san Francesco”.
Dalla sua morte è nata e non si è spenta una devozione che è presente qui, ma anche nelle altre comunità italiane e nel mondo – soprattutto negli Stati Uniti ed in Argentina – dove la figura di padre Raffaele continua ad essere viva ed a raccogliere l’affetto dei suoi devoti.
Non comprenderemmo in pieno la sua grandezza se non ricordassimo, anche in parte, quei fatti straordinari che accesero la devozione del popolo nei suoi confronti. Durante la sua permanenza nel convento di Sant’Elia, avvertito da una visione, di notte fece suonare da un frate le campane del convento, svegliando la popolazione che accorse in strada proprio poco prima di un violento terremoto. Dopo che la gente si fu riunita in chiesa, padre Raffaele disse loro di tornare nelle loro case, rassicurandoli che avrebbe pregato per loro.
Padre Raffaele conobbe per divina ispirazione anche il momento della morte di suo padre, tanto che una mattina, mentre attingeva l’acqua da un pozzo rimase immobile. Uno dei compagni gli chiese se non stesse bene e lui rispose che proprio in quell’ora era passato a miglior vita suo padre: “Ci stavo io stesso quando è morto – confidò al nipote – ma state contento che si trova in un buon posto”.
Un giorno d’estate – si narra ancora – era nel convento di Morcone quando si scatenò un forte temporale. Allora egli dalla sua cella fece un segno di croce verso il cielo e la tempesta all’improvviso cessò.
Una volta ancora attraversò il fiume e chi lo accompagnava si meravigliò che i suoi piedi fossero rimasti completamente asciutti, come se avesse camminato su un terreno secco.
Se questi sono i fatti attinti dalla memoria storica ce ne sono altri – più attuali e circostanziati – che sono stati riportati nei documenti finali del processo diocesano conclusosi il 17 giugno del 2006 e che hanno dato un impulso decisivo alla causa di beatificazione. Nell’omelia pronunciata durante la Messa che ha concluso il processo diocesano il presidente del Tribunale diocesano, l’Arcivescovo emerito di Benevento mons. Serafino Sprovieri, riconobbe che padre Raffaele era stato “una figura rocciosa” che nella sua umiltà ed obbedienza era sempre stato maestro di fede, di libertà interiore, di lettura della vita in una chiave soprannaturale: “Il profilo di padre Raffaele – sottolineò – è un profilo semplice, ma scolpito dalle poche, ma essenziali coordinate del francescanesimo; cioè dall’amore per la povertà, dalla profonda umiltà e da una obbedienza incantevole. Questa figura merita di essere conosciuta, di essere imitata perché è un Servo di Dio all’antica, ma proprio per questo è un Servo di Dio modernissimo, cioè a dire quello che ci vuole per i nostri tempi, perché si esca dalla confusione, si ritrovi il senso della verità e ci si lasci guidare dalla costellazione dei valori cristiani che hanno costruito la civiltà per tanti secoli”.
Pochi sanno che padre Raffaele influenzò notevolmente anche la formazione spirituale di san Pio che arrivò da novizio a Sant’Elia a Pianisi il 25 gennaio del 1904, tre anni dopo la scomparsa di padre Raffaele di cui nel convento aleggiava ancora vivido e indelebile il ricordo della sua figura esemplare, umile e ieratica. Padre Pio ne subì tanto il fascino da dedicargli molti anni dopo a San Giovanni Rotondo, nel 1956, questa preghiera: “O anima candida ed eletta di Padre Raffaele, io non sono stato degno di far parte di coloro che ti hanno conosciuto nel tuo pellegrinaggio della vita presente, ma ringrazio Iddio che mi ti ha fatto conoscere al profumo delle tue virtù. La tua vista mi rapisce la mente ed il cuore e piaccia a Dio di poterti anche in minima parte, di poterti imitare. Ora che tu godi la visione di Dio prega per me e per la Provincia monastica, affinché lo spirito tuo e quello del Serafico Padre risplenda sempre su noi singoli figli tuoi”.
E perfino ai numerosi fedeli santeliani che si recavano a San Giovanni Rotondo, padre Pio ricordava che non c’era bisogno di ricorrere alle sue intercessioni, perché il “Monaco santo” lo avevano già a casa loro.
Padre Raffaele è stato proclamato Venerabile il 6 aprile 2019 ed attualmente è in corso la causa per la sua beatificazione.
Felice Mancinelli
Il ritratto di padre Raffaele da Sant’Elia a Pianisi
La cella di padre Raffaele nel convento di Sant’Elia a Pianisi
La statua di padre Raffaele davanti al convento
La teca contenente le spoglie di padre Raffaele nel convento di Sant’Elia a Pianisi