A partire da giovedì santo, tutta la Chiesa ricorda quello che Gesù ha voluto infondere nei cuori, con ogni gesto fatto di umiltà e preghiera. L’Arcivescovo Colaianni presiede questo momento di fede e richiama tutti i fedeli dell’arcidiocesi di Campobasso-Bojano.
“È giunta l’ora!”, dice Gesù, e si tratta dell’ora in cui l’amore deve trionfare sopra ogni male, sopra ogni superbia, sopra ogni ingiustizia, sopra ogni peccato. È l’ora del riscatto, della liberazione che è perdono. L’ ora in cui, guardando al Cristo, dobbiamo passare dalla morte alla vita, dalla sfiducia alla fiducia, dalla disperazione alla speranza.
Messaggio S. Ecc. Mons. Colaianni davanti al carcere
REDENTI DALL’ AMORE DI DIO E FRATELLI NELLA FEDE.
Ciao Martin,
saluto te e ogni persona che rappresenti e che porti in questa processione davanti alla città, nella città. Separati dalla distanza e da alcune porte e chiavistelli, ma davanti al Signore che ci ha donato la sua vita, non solo non siamo distanti, ma siamo e ci riconosciamo fratelli nella fede e possiamo ora pregare e portarci gli uni gli altri nella misericordia e nell’amore di Dio. Anche noi vogliamo essere redenti, perché siamo prigionieri del male, dell’indifferenza, della presunzione e dell’orgoglio di pensarci sempre migliori degli altri, siamo prigionieri dei nostri limiti e delle fragilità, che ci portano, a volte, a ferire coloro che amiamo e non ci fanno vedere coloro che possono aver bisogno di noi.
A voi che conoscete il dolore della lontananza e separazione, che soffrite del giudizio, dell’esclusione, della violenza fatta, ma anche subita, chiedo di pregare Gesù nella passione, che perdoni tutti noi e voi, perché possiamo aprirci alla speranza e possibilità di fare il bene.
Davanti alla Croce di Gesù tutti abbiamo sbagliato: per paura, per il male che alberga nei nostri cuori e del quale non ci siamo ancora liberati; siamo tutti vigliacchi quando non abbiamo il coraggio di difendere e fare il bene, costa sacrificio perché chiede di donare se stessi, sbagliamo quando agiamo solo per interesse personale o di pochi.
Sbagliamo quando non ci lasciamo amare da Dio e non vogliamo seguire il Signore Gesù. Abbiamo, però, anche l’esempio di chi non ha sbagliato: la Madre Addolorata ai piedi della croce che consola Gesù ed anche noi con tenerezza.
Non hanno sbagliato le donne ai piedi della croce che non sono fuggite perché avevano fede vera e profonda e nemmeno il discepolo che Gesù amava che ha capito e lo ha seguito davanti alla croce. Così anche noi questa sera, in processione dietro a Gesù morto al quale vogliamo dire: non ti lasciamo solo, vegliamo con te, ti vogliamo bene, comprendiamo la tua sofferenza e che ti sei fatto carico della nostra. Per questo il tuo popolo numeroso con unica voce, con forza grida al cielo, canta e prega con il Teco vorrei.
Questi sentimenti di fede esprimiamo nel canto: “con te Signore voglio portare la croce, sollevarti dal dolore, e voglio seguirti nel donarmi anche io come hai fatto tu per amore. Donami il coraggio perché non mi perda smarrendo la via della vita”.
Se il Signore, nostro amato, è stato da Pilato condannato, la mia fede, il mio desiderio di pace e fraternità, mi aiuti a capire la tua passione e la tua morte. Ognuno di noi e voi fratelli detenuti, crediamo nella possibile Resurrezione, nella speranza di vedere la Luce, domani nelle nostre storie, e oggi, nei nostri cuori e in relazioni buone e serene con tutti.
Qui tutti, dinanzi alla passione di Gesù, possiamo decidere se liberamente e nella fede vogliamo seguirlo. Decidiamo se vogliamo fare il bene, di cui possiamo essere comunque capaci, o se vogliamo crocifiggere ancora il Signore.
Come lui ha condiviso le nostre croci, così noi possiamo avvicinarci ai tanti crocifissi dalla vita: a chi è isolato o escluso, non curato e abbandonato nella malattia o nella fragilità della vecchiaia, o bambino che ha difficoltà a crescere, o giovane che non può realizzarsi qui nel nostro territorio esprimendo il meglio che può e vuole dare.
Possiamo sostenere o aiutare chi è senza lavoro e ne avverte la precarietà e instabilità o solo l’occasionalità e provvisorietà. È altresì crocifisso chi non è nel proprio Paese e deve essere aiutato a costruirsi una vita dignitosa senza dover essere sempre assistito.
Quanti deboli, fragili, poveri ci sono in mezzo a noi, crocifissi come il Signore, lo lasciamo solo a portare le loro croci?
Il Signore ci apre alla Pasqua, anche noi possiamo essere capaci di piccoli gesti, ma concreti, che diano vera speranza di vivere meglio nella serenità e nella pace, lo Spirito Santo ci darà la forza perché sia possibile e per rinascere insieme.
Siamo qui davanti all’Istituto Penitenziario, perché nella penitenza, ci sia conversione davanti a Dio, tutti liberi o tutti prigionieri, per pregare assieme per noi e le nostre famiglie, perché la croce di Gesù sia balsamo e cura alle nostre sofferenze del cuore e dell’anima.
Caro Martin e voi fratelli detenuti, sono convinto siate belle persone, a voi mostrarlo in un futuro sereno fatto di buone relazioni di pace con tutti.
Se Gesù ha preso la sua croce per tutti voi e noi, è ancor più certo che dona la redenzione, salvezza e risurrezione a ciascuno, per questo prego e chiedo a Dio nostro Padre di benedire voi e noi con la stessa amorosa misericordia
Padre Nostro che sei nei cieli ….
+ don Biagio, arcivescovo