La celebrazione liturgica in onore di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia e modello senza tempo di fede vissuta con radicalità, semplicità e amore per ogni creatura. Nelle parole di Mons. Biagio Colaianni l’invito a lasciarci interrogare dal suo esempio … Francesco ci ricorda che è possibile un altro modo di vivere: nella fraternità, nell’umiltà e nella pace.

Abbiamo vissuto insieme una celebrazione intensa, ricca di parole che non vogliono restare semplici ricordi, ma diventare impegni concreti. San Francesco non ci viene proposto come una figura idealizzata, lontana e irraggiungibile, ma come un fratello che ci accompagna ancora oggi, spronandoci a vivere con autenticità la nostra fede.

Omelia di S. Ecc. Mons. Biagio Colaianni in occasione della celebrazione liturgica dedicata a San Francesco D’Assisi – Parrocchia “Sacro Cuore di Gesù” dei Frati Minori Cappuccini di Campobasso

SAN FRANCESCO E LA CHIESA: UN INVITO A RICOSTRUIRE CON IL CUORE

San Francesco amava profondamente la Chiesa. Il suo amore era forte, autentico, radicato, nonostante le difficoltà del tempo e la fatica di essere compreso e creduto. Venne riconosciuto, nel contesto del Medioevo in cui viveva, come una possibile risposta a molte problematiche del suo tempo. Eppure, nonostante tutto, Francesco non smise mai di credere nella Chiesa.

Questo suo amore diventa oggi un invito anche per noi: siamo chiamati a ricostruire la Chiesa. Non si tratta di edificare strutture materiali – quelle, pur essendocene molte, spesso restano inutilizzate – ma di ricostruire quella Chiesa fatta di uomini e donne che accolgono il Signore e desiderano imitarlo seguendo ciò che Egli suggerisce al cuore. Oggi, imitare Cristo significa lasciarsi ispirare dall’esempio di Francesco.

Siamo chiamati a essere una Chiesa capace di unità, una comunità che sia espressione del cuore e dell’amore di Dio per tutti gli uomini, nel rispetto della creazione. Questo è il compito che dobbiamo assumerci.

All’inizio della celebrazione non ho salutato subito la comunità dei francescani, e l’ho fatto volutamente. Volevo farlo ora, sottolineando come la loro presenza rappresenti una piccola Chiesa, segno di familiarità, comunione, condivisione e accoglienza. Ma non è solo una prerogativa loro, dei frati che vivono in comunità per vocazione. La loro vita fraterna è il segno di ciò che tutta la Chiesa dovrebbe essere: una fraternità per tutti gli uomini.

Le fraternità religiose sono, infatti, nel mondo, una testimonianza vivente della vita cristiana che tutta la Chiesa è chiamata a vivere. Ecco allora che l’invito è essere Chiesa unita. Questo significa vivere l’unità e la fraternità tra tutti noi che crediamo nel Signore, non solo con i cristiani, ma anche con coloro che credono in Dio in forme diverse, o con chi non crede affatto.

Francesco ha sempre sottolineato l’importanza del dialogo e dell’apertura. Non a caso, nelle celebrazioni per la pace, spesso si fa riferimento a lui e al suo nome per unire persone di culture e religioni diverse. Questo dimostra che una fraternità universale è possibile: una Chiesa che sia espressione dell’umanità abitata da Dio.

Questo è il nostro compito: non vivere la fede individualmente, ciascuno per conto proprio, ma come comunità, come popolo. So che è difficile, come sempre lo è la vita comunitaria: la diversità di caratteri, di idee e di modi di essere può rendere faticosa l’unità. Eppure oggi siamo chiamati a essere segno di unità in Cristo. Questo è un annuncio di pace e fraternità per tutto il mondo.

Il tempio da ricostruire non è solo quello fisico, ma è la comunità cristiana, e ancor più, ciascuno di noi. Siamo noi il tempio del Signore. Dio abita in ciascuno di noi. Allora dobbiamo ricostruire la nostra vita, partendo da Chi? Da cosa? Come?

San Francesco ci è dato come esempio. Collocarlo nel suo tempo storico è importante: il suo non era un tempo più facile del nostro. Anche allora vi erano guerre, contrasti, povertà, ingiustizie, lotte tra famiglie. E la sua risposta? Una risposta che vale anche per noi oggi: fraternità, pace, ritorno ai valori profondi ed essenziali che Cristo ci ha indicato. Semplicità, umiltà, attenzione ai poveri, desiderio di pace: tutti doni di Dio, non riservati solo a Francesco. Lui ha ricevuto una grazia particolare per essere per noi esempio e riferimento.

Se Francesco è nostro modello, allora dobbiamo impegnarci a vivere con i suoi stessi sentimenti, nel suo stesso stile: quello francescano, fatto di semplicità, fraternità, umiltà e povertà. Questo è ricostruire il tempio: ricostruire noi stessi, oggi, anche dentro le difficoltà che viviamo.

San Paolo dice nella seconda lettura che il suo vanto è la croce di Cristo. Anche per Francesco fu così. Non cercò il cambiamento sociale con le armi, né salì nei palazzi del potere. Egli testimoniò il suo amore per Dio attraverso la propria vita, anche nella sofferenza, arrivando a portare in sé le stimmate, i segni della passione di Cristo.

Perché la sofferenza? Perché essa è parte della condizione umana. Francesco l’ha accolta come espressione del suo amore per Dio, non per rassegnazione, ma perché anche nella sofferenza possa risplendere la grazia, la luce del sole, che è Dio stesso.

Nel vivere così, possiamo anche noi essere risposta al mondo di oggi, nel nostro tempo, alla maniera di Francesco.

Il Vangelo oggi ci parla chiaramente: Dio si rivela ai piccoli. “Ti rendo lode, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.” E ancora: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me.”

Ma oggi, chi crede ancora che umiltà, sobrietà, attenzione ai poveri, accoglienza della sofferenza, possano essere una risposta efficace al mondo in cui viviamo?

Su questo dobbiamo interrogarci seriamente. Celebrare San Francesco non significa solo onorarlo oggi, ricordarlo con affetto. Se ci è stato dato come santo, è perché possiamo imitarlo. Dobbiamo chiederci come vivere, nel nostro tempo segnato da guerre – in Ucraina, in Terra Santa, e in tanti altri luoghi – l’umiltà, la pace, la povertà, l’amore per il creato e per ogni uomo.

Viviamo in una società spesso divisa, incapace di trovare coesione per il bene comune. Basta guardare – con tutto il rispetto – alla sanità, alla politica: realtà che dovrebbero unire, ma spesso vedono solo contrapposizioni.

Che risposta diamo, noi cristiani, a questo mondo diviso? Vale ancora l’esempio di Francesco? O lo richiudiamo nel Medioevo, come se la santità fosse possibile solo allora?

Sarebbe una sconfitta. Dobbiamo interrogarci oggi: cosa significa essere umili di cuore, desiderare la pace, vivere nella povertà evangelica, tendere alla fraternità, rispettare e amare ogni uomo e ogni creatura?

Dobbiamo confrontarci su questo davanti al Signore Gesù, chiedendo la grazia di essere suoi imitatori, insieme a Francesco. Solo così potremo essere segno della grazia che Dio vuole per l’umanità: pace, serenità, comunione.

Se non ci lasciamo trasformare, rinnovare, convertire da questa celebrazione, se non diventa per noi vita nuova, potrà rimanere un semplice rito. Ecco perché sono importanti i segni concreti di fraternità: come i frati, testimoni di accoglienza e di attenzione alla povertà.

E perché ognuno di noi non può vivere così? Perché non possiamo essere come loro? In fondo, è ciò che ogni cristiano è chiamato a essere: segno di accoglienza, di pace, di comunione.

Solo così celebreremo davvero San Francesco. E solo così troveremo ristoro per le nostre anime, e questo ristoro si estenderà a tutta l’umanità.

Anche se la vita è difficile e il giogo a volte sembra pesante, se siamo radicati nell’amore di Cristo, esso diventerà leggero. Perché il Suo amore non viene mai meno. Accogliamolo, e lasciamo che diventi testimonianza viva.

San Francesco non chiedeva per sé, ma per poter dare. Era povero, ma ciò che aveva lo condivideva. Ricevette grazia e la donò ai fratelli. Accettò la sofferenza per mostrare la presenza di Dio proprio là dove l’uomo soffre.

Questo è il suo esempio: non solo un ideale, ma uno stile concreto di vita. E se ci viene da pensare: “oggi non si può vivere così”, stiamo forse dicendo a Francesco: “la tua vita è stata inutile, bella ma ormai superata”.

Ma noi sappiamo che non è così. Siamo qui proprio perché la sua vita ha inciso la storia. Oggi tocca a noi essere portatori di questo messaggio.

San Francesco cosa vuole da noi? Cosa vuole il Signore? Noi, poveri uomini e donne, affaticati, che lottano per restare fedeli.

Oggi, accogliamo il Suo invito. E troviamo ristoro nella pace e nella luce che solo il Signore può donare.

4 ottobre 2025

+ S. Ecc. Mons. Biagio Colaianni