Discorso alla città, davanti al carcere, per Venerdì santo.

Carissimi fratelli e sorelle,

grazie della vostra presenza spirituale di tutta la città, in questo singolare momento di dolore vivissimo che stiamo vivendo per il corona virus. Saluto tutte le autorità ad ogni livello, con il ricordo dei nostri ammalati, anziani, giovani, bambini. Tutti vi sento qui presenti, in adorazione davanti a questo grande bel Crocifisso che i nostri fratelli ci hanno portato dal carcere, per la nostra preghiera.

Un particolare saluto va perciò ai nostri fratelli ristretti, alla direttrice del carcere e a tutto il personale della polizia penitenziaria, con i due cappellani, don Pasquale e don Francesco, che con zelo e frutto operano tra di voi, ogni giorno.

1 . – Avremmo voluto vivere la processione nel modo consueto, tra le preghiere, i canti, le invocazioni con la presenza delle nostre Statue del Cristo morto e della Madonna addolorata, con migliaia di pellegrini in cammino. Ma le normative, emanate per la salvaguardia della nostra vita, non ce lo hanno permesso. Sentiamo però che questa del carcere è una sosta ugualmente preziosa, ricca di tanta fede, con la preghiera dei nostri fratelli ristretti, nell’ascolto del Vangelo che ci narra del momento in cui Gesù in croce guarda alla sua mamma e a Giovanni, suo discepolo, entrambi sotto la croce, fedelmente vicini. Sentiamo vicino il disagio molto forte, ora, per i carcerati, che rischiamo la diffusione del morbo, per dover vivere in un ambiente ristretto. Per questo, facciamo nostro l’appello, lanciato spesso in questi giorni dal papa, per l’utilizzo rapido delle pene alternative.

Ma desidero ora anche raccogliere le lacrime e i desideri di ciascuno di voi, certi che la Vergine Maria guarda le nostre famiglie, gli ospedali, le case di riposo, le scuole attive via on-line, i luoghi di lavoro, la solitudine degli anziani, le preoccupazioni di chi sta soffrendo per il lavoro precario, le ansie dei genitori, la sfiducia dei giovani. E’ un momento molto particolare, di tanta sofferenza e disagio. Prendendo spunto da un sacerdote spagnolo, che a sua volta si è ispirato ad un Mistico del cinquecento, possiamo dire che il Cireneo è oggi il medico che si prende cura del malato, la Veronica è l’infermiera che asciuga il volto del morente in sala di rianimazione, il buio sono le serrande abbassate dei nostri negozi, la fatica a respirare di Gesù è il segno della morte per corona virus, Maria è la presenza delle nostre mamme. Cioè, siamo davanti ad una Passione ancor più viva; vivente, anzi! Sento però diventa sempre più intensa la preghiera, l’amore in famiglia, la cura delle relazioni non più frettolose, il profondo senso del limite che ci fa tanto riflettere, i nuovi spazi dati alla lettura e alle cose belle.

2 . – Cresce però anche la solidarietà, proprio come cantiamo tutti in questa giornata, con lo storico canto del “Teco Vorrei, o Signore, oggi portar la Croce. Nella tua doglia atroce, io ti vorrei seguir!”. E’ un canto di nativa teologica solidarietà. Così sta avvenendo in città, a Campobasso, una città che si riscopre sempre più solidale, con radici più solide, più vitali.

Alcuni giorni fa sono stato a visitare la Casa degli Angeli, come sostegno alle attività che si svolgono, come la Mensa per i poveri e il Dormitorio per i senza tetto. Ebbene con mia positiva sorpresa, è stato unanime il coro di grazie che è salito dai nostri eroici operatori, perché vedono che ogni giorno crescono i donativi offerti, di vario genere, soprattutto di generi di prima necessità che poi, ben cucinati, vengono portati direttamente dalla Caritas, nelle famiglie stesse, giorno per giorno, per il pranzo. E non mancato gesti di quotidiana inattesa solidarietà, in ogni ambiente di vita, come ho riscontrato in questi giorni, con semplicità e generosità. Gesti che creano speranza. Vorremmo che fossero le pietre miliari per il futuro, di noi tutti e da parte di noi tutti! E’ la concretizzazione di quel nostro canto: “Teco o Signore, portare la Croce!”. Con te, amico, povero, collega di ufficio, vicino di casa, cognato, prete, giovane che guarda al futuro. La solidarietà impressa in questo canto antico, dal Metastasio, oggi si fa linea di comportamento sociale e politico, decisamente sempre più preziosa. Perché possa diventare un elemento del DNA campobassano, che continuerà poi nelle Giornate eucaristiche del Corpus Domini, di metà giugno, nel segno e sogno dei Misteri. In certo senso, allora questa preghiera già guarda a quella! La teologia si fa storia.

  1. – Infine, una riflessione sulla fase due della pandemia. Il futuro va preparato già da oggi. Con due tipi di scelte. Una scelta che ci farà tagliare i rami cattivi, con i frutti velenosi, come la droga, il gioco d’azzardo, il vuoto culturale, le divisioni politiche, le frammentazioni ecclesiastiche, il finto perbenismo, la ricerca delle apparenze, la diffusa permalosità personale e sociale. Questi sono gli otto veleni più tristi, rami che vanno tagliati già da ora. Con coraggio e speranza.

Ma ci sono poi rami che vanno potenziati, soprattutto prendendo spunto dall’atteggiamento di san Giovanni con Maria. A lui, Gesù morente affida la sua madre e lui compie un gesto che siamo chiamati ad imitare, perché rappresenta lo stile nuovo per un mondo nuovo, in una società futura: E da quell’ora, i discepolo l’accolse con sé, nella sua casa, tra le cose a lui più care!”. Il verbo che impariamo è il verbo ACCOGLIERE, cioè mettere nello stesso cammino i cuori di tutti. Per poter poi, con loro e verso di loro, ACCOMPAGNARE i cammini difficili della ricostruzione. Ad esempio, mi permetto di suggerire un consiglio: davanti a leggi statali per gli aiuti ed interventi piuttosto complesse e difficili da capire, sarà forse necessario istituire uno sportello, dove anche i più poveri e soli, tutti cioè, possano rivolgersi, con fiducia, in stile gratuito, per avere una risposta precisa e chiara, frutto di competenza professionale garantita. Solo allora potremmo sconfiggere chi vorrà speculare contro i poveri, cioè gli usurai e i mafiosi, sempre presenti nella storia, dopo un periodo di depressione economica, come il nostro.

Oltre all’aspetto sociale ed economico, sento anche un appello culturale. Si dovrà camminare con i giovani, che pur avendo potuto utilizzare il servizio delle lezioni on-line, potranno godere di nuovo di una scuola vera, fatta di dialogo diretto, di confronto vivace. In una democrazia difesa, senza scorciatoie facili ma pericolose. Si progettino, perciò, già fin d’ora, spazi di dialogo diretto, le serate culturali, lo scambio fraterno, la vita sociale, i momenti comunitari di preghiera, lo sport fatto gioia comune, il teatro educativo.

Ed anche la sete di “sacro”, che è esploso in questi giorni sia ben seguito e fatto maturare, perché non ricada nelle sacche del pietismo individualistico, poiché il vertice di tutto, di ogni manifestazione religiosa resta sempre la Pasqua! Non il Venerdì santo, ma il mattino della risurrezione, sui passi di Maria di Magdala, Patrona del nostro Sinodo!

E ci sorregga la protezione di san Giorgio, che ha combattuto contro il drago, cioè, oggi, contro il Corona virus! Proprio questo nostro patrono ci insegna, allora, che con tanta preghiera, una forte unità interna, il fondamento sulla Parola di Dio, la misericordia quotidiana, nella fiducia verso il futuro, con lo sguardo ottimistico sugli avvenimenti anche difficili come ora, è possibile trasformare questo momento di dolore in un ricco “Kairòs” di grazia. La Pasqua, infatti, è il domani da costruire, tutti uniti, come veri fratelli, testimoniando che il Risorto, il Signore della vita, è il nostro Alleato.

Perciò, concludo con l’invocazione di una feconda BENEDIZIONE del cielo, che si estenda su tutta la città e la diocesi, ai piedi di Maria Addolorata, nostra celeste Patrona. Amen.

Campobasso, venerdì santo, 10 aprile 2020.

+ p. GianCarlo, Vescovo.

Lascia un commento