Aggiornamento del clero, 4-6 luglio 2017

Prolusione del vescovo, padre Giancarlo.

Carissimi presbiteri e diaconi, ancora una volta, un grazie, vivissimo e sentito, per tutto il cammino compiuto, insieme, durante quest’anno pastorale 2016-17. Abbiamo camminato con speranza e lottato con fiducia, contro diversi ostacoli. Abbiamo raccolto frutti di bene e di grazia, insieme a prove che hanno ravvivato la nostra fede, memori sempre dell’esortazione paolina: Contra spem, in spem crediti (Rom. 4,18).

Per questo, desidero iniziare con una meditazione prendendo spunto dal brano biblico di oggi, martedì della XIII settimana T.O., dove è narrato l’episodio della tempesta sedata (Mt 8,23-27). Il brano è un forte invito alla fede, messa in verifica da un atteggiamento inatteso di Gesù, che dorme proprio mentre si sta scatenando una furiosa tempesta. Il testo greco parla di sisma, un vero e proprio terremoto, che con tono apocalittico ravviva per noi la scenografia dell’esodo!

 

E’ un momento simile a quello che ha vissuto Giona, cui si fa riferimento indiretto. Giona, infatti, pur nel trambusto della tempesta, se ne stava tranquillo, in fondo alla nave e dormiva sereno. Così sta facendo Gesù, quasi insensibile alla paura che sta prendendo i discepoli, di fronte alla tempesta. Ovvio il riferimento specifico a tanti nostri momenti di paura e di crisi che abbiamo tutti vissuto lungo quest’anno: la fatica vocazionale nei seminari e nei noviziati, la morte di santi sacerdoti come mons. Nuzzi e don Raffaele, la crisi di lavoro e la crescente povertà della nostra gente con la precarietà dei giovani, la scarsezza di mezzi in diocesi davanti a tante sfide sociali, constatando spesso la poca risposta alle molteplici iniziative pastorali da noi tenacemente attuate e su cui contavamo (assenza dopo la cresima, pochi giovani in chiesa, fatica nella formazione, catechesi con pochi frutti duraturi…….).

 

Tanta paura, quindi! E’ una sensazione oggi assai diffusa. Ma proprio per questo è fecondo questo testo biblico che oggi ci viene offerto. Lo meditiamo volentieri. Ci restituisce infatti coraggio e dona un tono diverso, di forte speranza, a tutto il nostro Aggiornamento del clero.

  • Infatti, Gesù è svegliato da un grido di dolore, da una chiamata che viene dal nostro cuore di prete, quando eleviamo la nostra incessante orazione e meditazione al cielo, come anch’io faccio con voi in adorazione eucaristica, al mattino presto.
  • Oppure viene da un popolo riunito in preghiera ed adorazione, che celebra con cura e grida il suo sgomento, con una preghiera creata, di domenica in domenica, personalizzata in fatti ed eventi precisi: Salvaci, o Signore, siamo perduti!
  • E Gesù si risveglia, si alza e compie una bella catechesi sulla fede: Perché avete paura, gente di poca fede? . E solo allora, dopo aver formato i discepoli (questo soprattutto in Matteo!) minaccia i venti ed il mare, creando una grande bonaccia.
  • Viene invocato con il titolo di Kyrios, cioè di Signore, per la forza della risurrezione che vince ogni paura e ogni traccia di morte. C’è un solo modo di vincere la paura, per noi che spesso siamo “oligopistoi”(con poca fede): affidarsi a Colui a cui perfino i venti ed il mare obbediscono! Il miracolo viene dopo. Prima la fede. Prima scelte coraggiose cui siamo chiamati anche in questi giorni, superando facili paure o stanchezze che rischiano di avvolgerci. La nostra forza sta nella preghiera sinodale, uno per l’altro, con gioia, nella attenta meditazione della Parola per sentirne la Voce di forza e di luce, nella testimonianza comune.

 

Ecco, allora la prima domanda che vogliamo far risuonare nei lavori di gruppo:

  • Quali sono stati, quest’anno, i miei momenti di paura o di stanchezza?
  • Come li ho saputi affrontare e trasformare? Preghiamo, l’uno per l’altro?
  • E quali sono stati per me i momenti fruttuosi di incontro con Cristo?

 

I tempi della grazia, lungo l’anno pastorale 2016-17.

 

E utile, ora, rileggere l’anno vissuto, con il criterio cronologico, quasi un Diario, che ci ha segnato, per poi raccogliere i messaggi principali che Dio ci ha mandato, come sfide per ravvivare la nostra fede.

            Lo facciamo nella logica della memoria che si fa benedizione, come ci esorta sempre il Deuteronomio: Guardati dal dimenticare il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto…che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima e nutrito nel deserto di manna, sconosciuta ai tuoi padri…(8,2-16).E’ la memoria deuteronomica, di cui parla papa Francesco, nella sua Evangelii Gaudium, al n. 13: La gioia evangelizzatrice brilla sempre sullo sfondo della memoria grata: è una grazia che dobbiamo chiedere.

 

1 – L’anno pastorale è iniziato dopo l’esperienza estiva della GMG, a Cracovia, molto intensa e piena, soprattutto nell’ascolto del papa, nella notte di veglia con due milioni di giovani e poi nella visita ai luoghi di dolore della Polonia (come Auschwitz!) e di fede (come Chestokowa).

  • Domanda: come rendere più partecipati dai nostri giovani questi eventi? Non solo la GMG, ma anche i nostri due incontri diocesani, di autunno 2016 e di primavera 2017?

 

2 – Per parte mia, c’era stata, a fine agosto, la visita in Georgia, con gli esercizi spirituali, dettati al clero locale, data la presenza del mio confratello e compagno di scuola, mons. Giuseppe Pasotto, che è l’Amministratore Apostolico di Georgia e Armenia. Il tutto, pochi giorni prima della visita del papa a quella nobile ed antica terra di fede, segnata da tensioni notevoli, essendo terra di confine. Ho ammirato questi cristiani, in una Nazione fiera e combattiva, spazio di ecumenismo innovativo, lezione di vita per tutti.

3 – Un altro evento che ci ha scossi è stato il terribile sisma, che ha sconvolto tante chiese di Abruzzo e Umbria e Lazio. La Caritas diocesana e regionale ha risposto con prontezza. E’ stata un’ulteriore sfida per la nostra solidarietà personale ed ecclesiale. Segalo per ringraziare la nostra gioiosa accoglienza della comunità monastica delle Clarisse di Norcia, temporaneamente ospitate nella casa Mater Orphanorum, in Cercemaggiore.

 

4 – Sempre in settembre, è volato al cielo mons. Antonio Nuzzi, che si è spento nella notte alle ore 3.50 del mattino di venerdì 9 settembre 2016, subito dopo la festa della Natività di Maria, tanto cara a lui, perché patrona di CIVITA, la frazione che lo aveva visto prete novello, operoso, attivo, dal grande cuore di carità. Da quel cuore è poi sgorgato il primo segno di altre opere caritative in diocesi. La Casa di riposo, Gesù e Maria, nasce infatti dallo zelo di don Antonio, che aveva (6 febbraio 1951) soli 25 anni. Ha accolto poveri di ogni tipo, orfani, anziani soli, ragazzi abbandonati. E’ la prima pietra dell’attuale nostra Casa degli Angeli. Ha sempre fondato la sua attività su una grande fede, che si è fatta Provvidenza, nella quale ha avuto immensa fiducia, con episodi gustosi di concreta sua visibilizzazione.

Ci è doveroso rinnovare il nostro Grazie a tutti gli ospiti della casa. Alle Suore di ieri (Discepole di Gesù Eucaristico) e di oggi (Oblate ospedaliere Francescane), al nuovo consiglio di amministrazione scelto appositamente dalle varie parrocchie di Bojano retto con frutto da don Alessandro Iannetta, alla città tutta e al sindaco. Grazie per come hanno condiviso il nostro momento di lutto, alla presenza dei vescovi (ben 6 vescovi eravamo presenti), ai tanti sacerdoti concelebranti. Ci resta ora il dovere morale di completare la casa Sacerdotale, come impegno inderogabile. Le condizioni sono ora favorevoli. L’opera è oltre metà, con un buon 60 % di lavoro già fatto. Già alcuni sacerdoti sono stati accolti, con fecondità di salute. Ci dobbiamo impegnare tutti, con maggior decisione. Inoltre, per ricordare questa bella figura di prete e di vescovo, è ormai a buon punto una pubblicazione diocesana di vasta memoria sul suo operato, anche con le testimonianze di altre diocesi. Gli spunti sono tanti. Del resto, la bellezza di vivere e raccogliere la storia nostra con maggior documentazione è invito pressante che ci viene direttamente dal Sinodo.

5 – La CONVOCAZIONE DIOCESANA si è svolta dal 20, 21 e 22 settembre e si è conclusa in cattedrale, domenica 25 settembre, dettando il programma dell’anno e le notizie dei cambiamenti. Il Tema della convocazione è stato, come ben ricorderete: Conquistati dalla gioia per il Vangelo!. Si è svolto su tre tematiche: linea storica (don C: Palumbo); linea biblico-formativo su Gv 20,1-9 (don Tartaglia e prof. Carozza); linea pastorale, con don Masciarelli, sull’impegno del Sinodo.

Ci ha lasciato nel cuore un duplice solenne impegno spirituale, che ha guidato lungo tutto l’ anno pastorale: Dio prima di tutto e l’altro prima di me! Nella mia sintesi di tanta ricchezza, ho individuato cinque piste di cammino insieme (cfr. p. 46): passare dal mio tempo del tempo di Dio; dalla mia Chiesa alle case della nostra gente; dalla mia parrocchia al Polo Pastorale; dal giudizio severo all’accoglienza verso i poveri, i giovani precari e le famiglie ferite; dal mio ritmo personale al passo insieme, per gustare lo stile sinodale.

5 – L’altro impegno serio e progressivo che abbiamo assunto è stato quello di continuare a camminare verso la costituzione dei POLI PASTORALI. Dopo aver ben osservato le cose, dopo un anno, potremmo suddividere questa nostra scelta pastorale, sempre più necessaria, in quattro fasce.

  • La prima comprende la situazione in cui un solo parroco guida due parrocchie. Allora il Polo è in certo senso più facilitato. Ma non mancano fatiche per creare, tra le due parrocchie una reale comunione di intenti. Si tratta di queste parrocchie: Ielsi con Gildone; Limosano con sant’Angelo Limosano; Matrice e Campolieto; a Castelpetroso con le due parrocchie di Indiprete e Centro; San Giuliano e Cercepiccola; Spinete e Colle d’Anchise. Qui, mi pare, la fatica è stata soprattutto relazionale, nella costruzione di orari comuni, specie nelle festività e triduo pasquale, creazione di un Consiglio pastorale coordinato, scambio di iniziative comuni, gioie e dolore condiviso.
  • Diversa è la realtà di quei Poli pastorali con più sacerdoti. Sono attivi alcuni di questi Poli: san Nicola a Guardiaregia, con Campochiaro e san Polo; san Martino a Campodipietra, con Toro e san Giovanni in Galdo; san padre Pio a Sant’Elia, con Monacilioni, Macchia e Pietracatella; le due parrocchie di Riccia).Vi è in atto un serio impegno di lavoro, capillare, che fa poco rumore ma crea una grande simpatia, come la programmazione insieme, incontri periodici tra i sacerdoti, dialogo tra le catechiste, unico e ben seguito gruppo Magdala, scambio di risorse, seminaristi seguiti insieme (come avviene per Mariano, negli incontri comuni a Chieti, dove vanno tutti e tre i soggetti: don Saverio, padre Armando e diacono Angelo, tra l’ammirazione di tutti!). Non mancano segni di carità condivisa, come le offerte di un funerale donate ai poveri della parrocchia vicina. Oppure, gite insieme, per rafforzare il cammino.
  • A Boiano, invece, il cammino comune si è costruito progressivamente, sotto la guida del Vicario foraneo, don Adriano, che insieme a suor Lucia, si è rivelato di buona capacità aggregativa, specie nella veglia, ormai classica, della Pentecoste, dove erano presenti tutti i preti della città ed un bel gruppo di altri sacerdoti vicini. Sono quei segni che parlano, insieme alla veglia per il Lavoro, il 30 aprile 17.
  • In città, a Campobasso, risulta più lungo il cammino, forse anche perché si sente meno la spinta impellente di questa collaborazione. Non dobbiamo però demordere. Anzi! Va perciò attivata una serie di legami prima di tutto tra i parroci, tra religiosi e diocesani, rafforzando la collaborazione (già buona) tra parroco e vice parroco. Poi rafforzare i momenti di condivisione tra le parrocchie, in occasione delle festività comuni, come la festa del patrono san Giorgio, del Corpus Domini con la tenda, dell’Infiorata e del teco Vorrei nel Venerdì santo.
    • Potremmo fare di più? Quali passi, ulteriori, possiamo compiere, quest’anno? Chi ha vissuto questa esperienza, tanto necessaria per la diocesi, come l’ha vissuta? Quali suggerimenti?

6 – L’anno si è poi concluso con la crescente partecipazione al GIUBILEO DELLA MISERICORDIA, che ci ha lasciato alcuni segni belli. Ne potremmo individuare questi.

  • La solidale attenzione al tema dei poveri, con la Mensa e il dormitorio, aperto nel frattempo alla casa degli Angeli. Sulla mensa, le cose vanno molto bene. Tantissimi, oltre 500, i volontari, ben animati e ben coordinati. Per il dormitorio, invece, le cose sono molto più dure. Un solo diacono fa servizio. Nessun prete. Nemmeno il vescovo. Un solo laico vi opera. Nessuna suora, eppure sarebbe necessario, poiché vi sono accolte anche delle donne, non sempre facili da gestire, pur se seguite da altro personale femminile . E’ un segno iniziale, da rafforzare ed estendere, specie per il dormitorio, eroico gioiello di misericordia.
  • Un altro bel segno giubilare è stata l’apertura della Casa Martina, in agro di Vinchiaturo, per mano e cuore di padre Lino Iacobucci, con un bel gruppo di collaboratori ed una famiglia di benefattori. Vi è già nata una piccolina, Martina, dono del cielo per una mamma nigeriana, ivi accolta con amore e grazia.
  • Altro segno simpatico è stata la ripresa dei Cammini, lungo i sentieri antichi, come il cammino, in due gironi, dal santuario di Cercemaggiore alla Basilica di Castelpetroso (8 e 9 ottobre 2016). Circa 55 chilometri. Iniziativa interessante, che si lega a molte altre, in atto, nella riscoperta crescente della bellezza della nostra terra. A noi, interessa sempre più, poiché vi sentiamo l’amore di Dio per Betlemme, piccola città della Giudea, punto nodale del Cammino sinodale. E’ di certo, anche un riflesso culturale della rinascita del cammino di Santiago, dove tanti riscoprono la fede. Dai luoghi di vita al cuore della persona.
  • Un segno di grande forza vocazionale è stato poi il dono del Convento di Sepino da parte dei Frati Minori Francescani, per collocarvi il Seminario Diocesano Missionario, per i seminaristi che seguono il cammino neocatecumenale e che frequentano lo studio teologico di Benevento. Per ora sono circa 10, ben motivati e seguiti da una équipe formativa completa. Va reso spazio di animazione vocazionale per tutta la nostra diocesi. Polo attrattivo per tanti giovani.
  • Un altro segno giubilare che Dio ci ha affidato è stata l’accoglienza gioiosa e amabile di Suor Margherita, nell’eremo di sant’Egidio, a Bojano, che resterà tra noi come segno di sentinella tra le rocce, per vigilare, pregare e formare i giovani, che già la sentono vicina, segno di grande rispetto per la natura, come si evidenzia anche dal fatto che la festa di sant’Egidio si celebra il 1 settembre, data ormai consolidata per la giornata del creato, a livello mondiale!

Un momento particolare è stato il pellegrinaggio diocesano a Roma, per incontrare papa Francesco, sabato 22 ottobre, con una catechesi efficace e feconda del Papa.

Il Giubileo si è poi concluso il 13 novembre con una solenne celebrazione in cattedrale, fulcro di tutti gli altri eventi giubilari. Esprimiamo ancora la nostra più viva gratitudine per la cattedrale e per tutti i luoghi visitati in quest’anno giubilare: Basilica di Castelpetroso, antica cattedrale di Bojano, carceri, immigrati, casa riposo di Petrella, Casa di san Giovanni a Tufara, Casa degli Angeli, ospedale, GAM a Bojano, …..

  • E nel nostro cuore, quali “segni” ha lasciato il Giubileo?
  1. INDIZIONE DEL SINODO DIOCESANO, frutto pieno delle Visite Pastorali e fulcro del Giubileo. E’ avvenuta domenica 27 novembre, con molto entusiasmo e la partecipazione di tutti i presbiteri e diaconi, in cattedrale, dopo la festosa processione con le statue dei nostri santi, partita dal campo sportivo di papa Francesco. Sul Cammino sinodale, impegnativo e fruttuoso insieme, riferirà don Massimo, punto per punto, diremmo meglio passo per passo! E’ ormai l’evento centrale della nostra diocesi. Vi siamo tutti coinvolti!

8 – ESERCIZI SPIRITUALI che abbiamo vissuto a Loreto, dal 7 all’11 novembre, in unione fraterna, sotto lo sguardo materno di Maria e san Giuseppe, nell’ascolto della voce forte del cardinal Menichelli, di Ancona. Sentiamo che la parola Misericordia è di fatto il perno della riforma del clero, base fondamentale per la riforma di tutta la Chiesa, come sempre è avvenuto lungo i secoli. Perché la misericordia costa più della stessa verità. Anzi, la Verità stessa, spesso, è già misericordia. E’ amore che crea consapevolezza. Diventa così anche la forza contro la “de passione” che si fa accidia, trascuratezza e mondo negativo, che ci vede incapaci di cambiare, divisi tra di noi e stanchi. Infatti, resta l’architrave che sorregge la chiesa tutta. Il suo modo di essere: il suo stile!

Sono stati una vera benedizione per tutti coloro che hanno avuto la grazia e la forza di parteciparvi, superando l’istintiva paura del terremoto. Infatti, siamo chiamati, proprio perché in cammino sinodale, ad essere come presbiterio la Casa della misericordia, con la correzione fraterna, per ripulire il nostro occhio dalla trave e poter così purificare l’occhio altrui dalla pagliuzza. Ci ha riempito poi di emozione visitare la casa natale del poeta Leopardi, con il famoso colle (pur se in un giorno freddo e nuvoloso!), insieme al seminario di Macerata. Penso che saranno altrettanto fecondi quelli che verranno a noi predicati, in novembre, (20-24) da don Fabio Rosini, a Sacrofano, alle porte di Roma. Vinciamo ogni lentezza e partecipiamo in grande zelo e passione. Sarà veramente un dono, per poter cogliere la forza che ha sulla gente, sui giovani in particolare, anche oggi, il Kerigma, quando è annunciato con stile nuovo, appassionato e metodico. Un’esperienza simile, sui 10 comandamenti, è stata fatta a Villa di Penta, lungo quest’anno!

  • Come aiutare i nostri sacerdoti alla partecipazione a questi importanti momenti formativi?

9 – I Ritiri dell’anno sono stati diversificati, sia nei luoghi che nelle forme che nelle tematiche. Quello di ottobre è stato vissuto con tutte le diocesi della CEAM, a Lanciano, il lunedì 24 ottobre. In novembre, abbiamo vissuto gli Esercizi spirituali. Per dicembre, il 13, ci ha aiutato don Massimo, sempre a Villa di Penta, dove ho accolto le dimissioni di mons. Giuseppe Nuzzi da Vicario generale, dopo averlo intensamente ringraziato e benedetto per tutto il suo operato, fatto di chiarezza e zelo grande. Inoltre, ho lanciato gli incontri con il clero, per dicembre, nelle foranie: le foranie, infatti, si rivelano spazio di maggior interesse relazionale, di maggior responsabilità dei nuovi vicari foranei e di partecipazione, che risulta sempre molto alta e gioiosa. Si è poi aggiunto l’aggiornamento invernale del clero, mercoledì 28 dicembre 16, per esaminare il cammino sinodale e i passi dei Poli pastorali. In quell’occasione, ho anche annunciato il nome del nuovo VICARIO GENERALE, nella figura di don Antonio Arienzale, dopo aver ascoltato e raccolto i suggerimenti di tanti presbiteri, che in lui hanno visto doti particolari di guida. Saggio e tenacie, insieme, sa unire moderazione e fermezza. Grazie a Dio di questa scelta, fatta realmente in stile sinodale.

Il ritiro di gennaio (24, festa di san Francesco di Sales!) ci ha visto riflettere con garbo e gioia sui passi del cammino ecumenico, sia in diocesi che nel mondo, raccogliendo le sfide che l’anno di ricordo della Riforma luterana (1517) pone al cammino ecumenico, oltre che al nostro cuore e alle comunità diocesane.

  • Sentiamo il bisogno di uno specifico incontro di studio, in autunno, su questo tema ecumenico?

Il ritiro di febbraio, invece, è di nuovo ritornato nelle foranie, insieme ai laici, questa volta, per una serata amabile e attesa, con un buon momento iniziale di preghiera, animato dal vicario foraneo. Il tema è stato quello di entrare sempre più, tutti insieme, preti e diaconi e laici e consacrate, nello stile sinodale! Ha avuto ottime presenze. Questo ritiro, penso, potrebbe essere ripetuto, altre volte?

Mentre a Marzo, ci ha aiutato don Emilio Salvatore, per comprendere bene l’avventura spirituale di Giona, che è il testo quaresimale che abbiamo proposto in Diocesi. Moltissimi ci hanno ringraziato, in particolare nella esperienza dei Cenacoli, per la scelta di questo personaggio. E’ poi diventato il protagonista delle settimane estive di GREST. Ci ha infatti aiutato ad affrontare le quattro insidie del cammino fraterno: accidia, pessimismo sterile, vanagloria, guerra tra noi. Tutte descritte così bene nel capitolo II della Evangelii Gaudium (numeri 76-109).

Il ritiro di maggio è stato un piccolo capolavoro. Tenuto nella bella chiesa di sant’Antonio Abate, storica ed accogliente, ci ha visto stupiti davanti alla vasta cultura, artistica e teologica, del prof. Franco Valente, esperto di storia dell’arte in Molise. Siamo poi passati, anche qui con commozione, ad ammirare, tutti insieme proprio come preti, il Museo Sannitico, orgoglio santo della nostra bella città di Campobasso, cuore del centro storico. Il motivo di una singolare manifestazione è stato quello di comprendere quanta ricchezza culturale e spirituale ci sia alle nostre spalle. Ed insieme interrogarci su quanto di cuore sannitico resti ancora nell’anima del nostro popolo. Ed in noi stessi, come loro pastori. Tutto questo, come segno sinodale, amato, concreto. Quello cioè di essere fieri di vivere ed abitare a Betlemme (e non a Gerusalemme!), in risposta alla prima traccia, che ci ha chiesto di verificare quanto amore ci sia nei nostri ragazzi e giovani per il Molise. Tocca, infatti, anche a noi, farli innamorare della nostra Terra, così che allora essi stessi la potranno anche cambiare! Dalla parrocchia, educativa, questa passione per la storia locale, per la bellezza educativa del territorio, potrà estendersi anche alle nostre famiglie e scuole!

  • Chiediamoci, perciò: possiamo essere contenti della cura che abbiamo per i nostri archivi? E delle nostre belle chiese, anche con l’aiuto dei laici? Come sviluppare ancor di più il gusto della bellezza, tra la nostra gente? Prepariamo anche giovani che potrebbero essere come Guide aritistico-pastorali, per le nostre chiese e beni culturali?

Per Giugno, la Madonna ci ha di nuovo attesi a Castelpetroso, dove la parola di don Massimo, vicario episcopale della Basilica, ci ha spiegato il cuore sinodale di Maria, nella storica immagine vista dalle veggenti, Bibiana e Serafina. Maria infatti, pur additando il corpo privo di vita di Gesù, alza gli occhi al cielo, come segno di speranza più forte della morte e fonte di coraggio, più grande delle nostre paure che ci spingono a rinchiuderci in noi stessi, in stile egoistico!   * Secondo voi, ha funzionato l’alternanza tra ritiri comuni e quelli foraniali? Ulteriori consigli, per renderli più partecipativi e incisivi?

                                   SECONDA PARTE: LE SFIDE della sinodalità..

 

            Questa seconda parte della prolusione ho pensato di dedicarla ad alcune riflessioni di fondo, che ho raccolto sotto il termine di SFIDE, così caro a papa Bergoglio. Nel numero 109 della E.G., infatti, si legge che le sfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedizione piena di speranza. Non lasciamoci rubare la forza missionaria.

 

Così dopo la riflessione evangelica sulla tempesta sedata, dopo aver ripercorso i tratti più interessanti del diario pastorale di quest’anno, eccoci ora a guardare al futuro, nella lettura di alcuni segni dei tempi, più urgenti e necessari. Li guarderemo alla luce del Kerigma, il grande tema del prossimo anno sinodale, per trarne indicazioni progettuali, gravide di speranza e di impegno. Sfide che leggeremo alla luce della Evangelii Gaudium, come la via maestra del nostro impegno nella pastorale.

Sono cinque, che sento impellenti nel mio cuore di Vescovo, che vi presento, con la spontaneità di chi vuole riflettere, con voi, all’ombra, d’estate. Spunti incisivi, per gettare un sasso nello stagno. Il resto, cioè la concretizzazione precisa, sgorgherà dalla riflessione comune, sinodale, appunto.

 

1 – la sfida della trasmissione della fede cristiana ai figli. E’ di certo la sfida più grande che ci riguarda, tutti, parroci e famiglie. L’impegno più serio della nostra vita. E’ la gioia più vera, per una coppia credente di genitori, poter crescere insieme ai propri figli, nella fede, nei valori, nell’impegno di volontariato. Ed insieme, è la letizia più sincera per un parroco, che ha accompagnato, con zelo, i suoi ragazzi all’altare dei sacramenti e poi vederli camminare secondo il vangelo, dentro la società, capaci di cambiarla.

Certo, è spesso molto difficile. Per diverse ragioni, che il sinodo tenterà di evidenziare.

Per questo, credo che prima di tutto vada verificata la solidità della nostra Iniziazione cristiana, chiamata sempre più a portare alla nostra gente un annuncio che si concentri sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta, si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa. (E.G., 35).  

Sento che siamo chiamati, come Chiesa locale, a questa ricerca dell’essenziale. Di un metodo, cioè, che ci permetta di arrivare, insieme, genitori e parroci, per essere realmente attrattivi. E’ la famiglia la prima casa del Vangelo. La nostra casa. Con il volto radioso di chi non impone un nuovo obbligo, bensì condivide una gioia, segnala un orizzonte ai figli, offre un banchetto desiderabile (cfr E.G.,14). Chiamati perciò a camminare insieme, genitori e figli, nel cammino di fede, reciprocamente. Senza deleghe, senza rifiuti. Ma tutti coinvolti: genitori che testimoniano e figli che interpellano. La fede, infatti, donandola, si accresce!

Il punto di partenza, a mio avviso, resta sempre la pastorale battesimale e la preghiera nelle case, con la creazione dell’Angolo della Parola. Troppo fragile la preparazione al Battesimo!

Ci sono poi in diocesi interessanti esperienze di questo cammino di trasmissione della fede, partendo dal coinvolgimento dei genitori. Vanno riscoperte, rilanciate e messe in gioco, perché forse possono essere di sostegno a tutta la diocesi.

Rispettando i tre cerchi, che il papa ha ben evidenziato (E.G., 14): A) l’ambito della pastorale ordinaria, per accrescere la fede di chi già pratica, in modo che rispondano sempre meglio all’amore di Dio. B) l’ambito delle persone battezzate, che però non vivono le esigenze del Battesimo, per vivere una conversione che restituisca loro la gioia della fede e il desiderio di impegnarsi con il Vangelo! C) incontrare anche coloro che hanno rifiutato Gesù, eppure, nel loro cuore, segretamente, sono mossi dalla nostalgia del volto di Dio, anche nei nostri paesi!

In questi giorni, chiediamoci onestamente come entrare in questi tre cerchi vitali. Per indicare, concrete piste di trasmissione della fede ai figli.

 

2 – La sfida della centralità della Parola, che sperimentiamo ogni giorno, come pastori delle nostre greggi. E’ la voce del Pastore, Gesù, che arriva a tutti. Poiché Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato tutto se stesso. La Chiesa, infatti, non evangelizza, se non si lascia continuamente evangelizzare. Per questo, è indispensabile che la Parola di Dio diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale, “la forma” della Chiesa! (cfr E.G., 174-175).

A cominciare dal cuore del prete, che dedica tempo adeguato alla sua meditazione, fonte chiara anche per la sua confessione periodica, con la direzione spirituale.

La nostra Diocesi ha molto investito in questo impegno, ogni anno, in modo diretto, tramite iniziative molteplici. Il Sinodo sta evidenziando, nei gruppi Magdala, un ponte tra la forza della Parola, meditata insieme e le esigenze del territorio, letto alla luce della Parola di Dio, in fraterna risonanza. Una Parola che feconda la catechesi e rende possibile la trasmissione della fede.

Ci è chiesto, come sfida sempre nuova, che le diocesi, le parrocchie e tutte le aggregazioni cattoliche propongano uno studio serio e perseverante della Bibbia, come pure promuovano la lettura orante personale e comunitaria”! Per questo, è utile indicare, già da ora, in questi giorni, alcune nuove iniziative specifiche, che nascano dalla riflessione comune, con scelte precise sullo spazio da dare alla Parola, nelle nostre parrocchie (giornata della Parola, introduzione preparata alle letture domenicali, Festa del Verbum Domini, Lectio mensile per i giovani, omelie preparate insieme con altri sacerdoti, i Cenacoli del Vangelo….).

 

3 – La sfida della nostra incardinazione in questa terra. E’ la sfida che ci siamo assunti nel giorno del nostro Diaconato,quando abbiamo scelto di amare questa terra come lo sposo ama la sua sposa, con amore verginale e unico. Una terra che ci è affidata. Una terra che potrà germogliare, sempre più, anche sul piano occupazionale, se sapremo far innamorare i nostri giovani e ragazzi ad essere per questa terra come degli Sposi (e non degli amanti!). Tocca a noi, per primi, impegnarci in questa incarnazione culturale e spirituale. E’ cioè in gioco il senso di appartenenza! Una duplice appartenenza, a Dio e al nostro popolo. Un prete, cioè, chiamato ad ascoltare la Parola di Dio, con la quale deve acquisire una vera familiarità, e che deve saper porsi in ascolto del suo popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire. Un predicatore contemplativo della Parola ed anche un contemplativo del popolo, per saper leggere negli avvenimenti il messaggio di Dio. (E.G. 154).

Un’appartenenza che si fa ricerca della propria identità. Esiste il Molise? Si sente spesso dire, purtroppo. Ma questa frase, gettata lì per indifferenza, può diventare stimolo reale. Dalla spiritualità, alla cultura, per farsi politica. Il Molise esiste, se noi sapremo custodirne la bellezza, l’arte, la storia, il clima, la vivibilità, la freschezza di relazioni, in un’umiltà fatta fierezza. Se come diocesi, sentiremo il profumo della santità di fra Immacolato e di mons. Bologna. Entrambi, “incardinati” tra questo popolo! Se sapremo continuare a curare gli archivi, rendere più belle le nostre chiese, a farle conoscere, anche attraverso un gruppo di giovani specializzati nella storia del proprio paese. Pronti ad attrarre turisti, nella riscoperta dei Cammini. E’ identità, fatta lavoro!

La battaglia per la domenica libera dal commercio vuole portarci proprio qui: sentire che è bello ammirare, con i propri figli o gruppo di giovani della parrocchia, una chiesa romanica in un paesello sperduto! Con la sosta per i Vespri, nel monastero di Faifoli. Educare alla gratuità, per poter rendere gratuita tutta la nostra società. Così si leverà un canto, capace di custodire l’incanto del borgo antico, per vincere il disincanto di una modernità frettolosa e superficiale. Questa la grande sfida nella riscoperta della nostra incardinazione, fondamento spirituale del Sinodo!

 

4 – La sfida del laicato. I gruppi Magdala hanno evidenziato la forza culturale e spirituale dei nostri laici, frutto maturo di tanti momenti di formazione, in parrocchia e nelle aggregazioni laicali. Sono loro i protagonisti delle risposte, maturate insieme ai presbiteri e diaconi. Confortante leggerle insieme. Laici sempre più qualificati e corresponsabili. Accrescono, così, la funzione dei Consigli pastorali parrocchiali e dei Consigli affari economici, già presenti ed attivi. E’ un laicato numeroso, benché non sufficiente, con un radicato senso comunitario e una grande fedeltà all’impegno della carità, della catechesi, della celebrazione della fede. Eppure, anche qui, il cammino sinodale dovrà cogliere perché non per tutti si è manifestato questo comune impegno. In alcuni casi – scrive il Papa Francesco – perchè non si sono formati per assumere responsabilità importanti. In altri casi, per non aver trovato spazio nelle loro chiese particolari per poter esprimersi ed agire, a causa di un eccessivo clericalismo, che li mantiene al margine delle decisioni. Inoltre, non sempre questo impegno si riflette nella penetrazione dei valori cristiani, nel mondo sociale, politico ed economico (E.G., 102).

La sfida allora, è la loro formazione. Crescere insieme, preti, diaconi, consacrate e laici, per assumere le sfide del nostro tempo, per la trasformazione della nostra società. E’ la pastorale d’ambiente, cui tengo molto, poiché in questi ambienti anch’io sono stato forgiato nella mia vita di fede: lavoro, carceri, ospedale, cultura, scuola, vita politica…. Ecco, allora, la ministerialità diffusa con lettori, ostiari, accoliti e diaconi, il sostegno alla Scuola teologica, il cammino di riflessione per lo studio della Populorum Progressio, i mezzi di comunicazione sociale, lo spazio televisivo che la diocesi ha posto a Castelpetroso, il volontariato giovanile come strada alla fede, gli incontri occasionali da persona a persona, come faceva Paolo ad Atene, la vicinanza nei giorni del dolore e del lutto, la forza di un’omelia ai funerali che raggiunge coloro che poco vengono in chiesa.

Il dibattito sul sacerdozio alle donne, sollevato anche da papa Francesco nel numero 104 della E.G., ci ricorda, infatti, che occorre tener presente che la funzione sacerdotale è ordinata totalmente alla santità delle membra di Cristo. Sua chiave e suo fulcro non è il potere inteso come dominio, ma la potestà di amministrare il sacramento dell’eucarestia; da qui, deriva la sua autorità, che è sempre servizio al popolo. Nella Chiesa, perciò, le funzioni non danno luogo alla superiorità degli uni sugli altri! Potestà, e non potere!

 

5 – La sfida della fraternità. E’ l’impegno più decisivo, che fa reggere tutto il precedente nostro riflettere sulle varie sfide, ora analizzate. Se manca questa, tutto cade.

E’ del resto il nocciolo dell’esortazione che come Vescovi abbiamo elaborato, dopo tanto cammino comune. In quel sussidio che oggi vi viene consegnato: LIEVITO DI FRATERNITA’. E’ appunto pensato come spinta al rinnovamento del clero, a partire dalla formazione permanente.

Ci poniamo, allora, la domanda su come poterlo valorizzare, ad iniziare dai nostri ritiri, in stile vivace, attuativo, testimoniante.

I Poli pastorali, di cui abbiamo già parlato a lungo, trovano qui, in questo lievito di fraternità, la forza che li rende duraturi, solidi, fecondi di grazia. Perchè un prete, non è chiamato alla solitudine, ma a stare e vivere in fraternità.

Con alcuni segni da approfondire, sfide del nuovo: cura della direzione spirituale, intercessione reciproca, correzione fraterna, legame vivo tra prete e famiglie in comune corsa verso la santità, sostegno ad esperienze di vita presbiterale insieme.

Pertanto- scrive papa Francesco – “quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cercare il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità, per ricevere i più bei regali del Signore. Ogni volta che ci incontriamo con un essere umano nell’amore, ci mettiamo in condizione di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio. Ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illuminata la fede per riconoscere Dio!” (272).

 

 

Grazie della vostra pazienza e grazie a Dio, per il cammino sincero e leale che stiamo facendo, pur con fatica, tra di noi, come preti, in stile sinodale, certo che i frutti, che già stiamo notando, come germogli, diverranno alberi robusti, dove faranno il loro nido gli uccelli del cielo.

 

Campobasso, 3 luglio 2017, festa di san Tommaso, l’apostolo del “Mio Signore e mio Dio”

 

                                                                      + p. GianCarlo, Vescovo

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