Omelia Indizione Sinodo

 

Cattedrale, Domenica 27 novembre 2016.
Carissimi fratelli e sorelle, esprimo in primo luogo un benvenuto cordiale alle Eccellenze carissime, mons. Camillo Cibotti e mons. Gianfranco De Luca, segno della nostra metropolia vivace, cui si aggiungono i saluti affettuosi di mons. Domenico Scotti, di Mons. Armando Dini e di mons. Angelo Spina, per risentire la nobile vicinanza di mons. Enzo D’Antonio, nostro vescovo dal 1977 al 1979: grazie del vostro esserci!
Porgo poi un grazie cordiale ai sacerdoti, specie al Vicario generale, oggi assente per malattia con suo grande dispiacere; esprimo tanta gratitudine al Consiglio Presbiterale, che ha condiviso pazientemente questa mia intuizione del Sinodo, fino a renderla operativa e attesa. Grazie poi ai diaconi, seminaristi, consacrate e consacrati, ai membri del consiglio pastorale diocesano, alla commissione sinodale diocesana e al Gruppo sinodale parrocchiale, alle autorità e sindaci, ai giovani, alle confraternite e comitati parrocchiali, a tutti i fratelli e sorelle. Con la voce del salmo responsoriale, in questa bella cattedrale ancora più luminosa questa sera, prego con voi tutti: “Chiedete pace per Gerusalemme, vivano sicuri quelli che ti amano, sia pace nelle tue mura e sicurezza nei tuoi baluardi”.
Ci è di guida con puntuale forza profetica la prima lettura del profeta e poeta Isaia, che si innesta con precisione nel nostro cammino sinodale, che oggi solennemente apriamo: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri, poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la Parola del Signore” (Isaia 2,3). Questa profezia sentiamo che sarà nostra, in questi anni: camminare sulle vie e lungo i sentieri del Signore. La risentiremo spesso, sarà un’esortazione ripetuta e fatta nostra.
Impariamo dai tratturi
Ma non è solo la parola di Dio a darci il gusto del camminare insieme. E’ anche la nostra storia molisana. Ritroviamo infatti, oggi, quel cammino di lunga durata, che ha attraversato il Molise e lo ha fatto grande, in sintonia con le Regioni vicine: il tratturo. Fin dal mio arrivo in terra molisana, ne ho sentito il fascino, ispirazione per questo cammino. L’abbiamo ricordato fin dall’inizio, nella preghiera per il Sinodo, che avete in mano, dono di luce e di impegno, quotidiano e soprattutto domenicale, in ogni cuore e in ogni parrocchia. Dio ha sempre accompagnato il nostro popolo lungo i “tratturi” in terra Molisana, per tanti secoli, con eloquenti segni di crescita sociale, culturale e religiosa. E a noi pare che, questo gesto di comunione sinodale, possa rievocarne la forza profetica e culturale. Impariamo perciò dalla cultura dei Tratturi, nel nostro cammino di Sinodo. Perché un Sinodo è un po’ come il tratturo! Con le due caratteristiche, che dei tratturi i nostri poeti e scrittori ci hanno tramandato:
• Ogni Tratturo ha una meta chiara, ma raggiunta adagio adagio, giorno per giorno, tra intemperie e insidie e tanta gioia, come ci dice il salmo: quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!”. Siamo così chiamati a seguire il passo lento ma tenace delle greggi. Per esserne pastori e mai “pecorai”, impregnati dell’odore delle pecore.
• Una seconda caratteristica dei tratturi era poi l’interscambio dei doni, lungo il cammino, sorgente di crescita sociale e culturale, perché “il nostro viene prima del mio”, certi che se salvaguarderemo “il nostro”, cioè la logica del dono, dell’incontro, della solidarietà reciproca, potremo allora ravvivare anche “il mio”.
Dal Concilio…..
Lo sfondo di tanti sinodi nelle Chiese in Italia, in questi decenni, resta ovviamente il Concilio, con tutta la sua impagabile ricchezza e profezia. Ora questa grazia è per noi riassunta nel meraviglioso documento Evangelii gaudium, che da solo, per le profetiche intuizioni di papa Francesco, ha la forza di esprimere l’intero Concilio. Veniamo quindi da lontano, per vivere una nuova stagione di risveglio, pastorale e sociale, una fioritura che ci permetterà di risentire le profetiche parole di papa Giovanni, all’inizio del Concilio, in quel mitico 12 ottobre 1962. : “Dissentendo dai profeti di sventura, a noi sembra che la buona Provvidenza ci stia conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più oltre la loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento dei suoi disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane diversità, dispone per il maggior bene della Chiesa!”.
Su queste vette di pace desideriamo ora salire con passo di danza: Spezzeremo le spade, per forgiarne aratri e delle lance, ne faremo falci. Questo è il Sinodo: un popolo che impara a star bene insieme, a due a due, per collaborare, pregando per i fratelli e amici: Su di te, sia pace! E non più scuola dove si impara l’arte della guerra, cioè la divisione, l’individualismo e la solitudine, tra litigi e gelosie (II lettura). Nasce così un nuovo verbo, capace di sintetizzare sia l’arte del tratturo come la forza del concilio: Sinodalizzare, così caro anche a mons. Gianfranco De Luca, come leggiamo puntualmente su Molis-insieme. La fraternità infatti fa fiorire, la divisione crea il deserto. E il passaggio delle greggi tornerà ad essere crescita per tutti!
“Consapevoli del momento presente”
Oltre alla storia e al Concilio, questo viaggio ce lo impone la novità radicale dei grandi cambiamenti odierni, spesso fonte di angoscia e di difficile gestione. San Paolo ce lo ricorda con chiarezza, nella seconda lettura, nel celebre capitolo 13 (11-14) della lettera ai Romani, spinta finale per la conversione di sant’Agostino, tra le lacrime, finalmente di gioia, della mamma Monica: Non è più possibile dormire. Dobbiamo svegliarci dal sonno, essere cioè consapevoli del momento che stiamo vivendo. La salvezza è più vicina. La notte è avanzata ed il giorno è vicino. Indossiamo le armi della luce, cioè le armi della sinodalità.
Ed il vangelo (Matteo 24,37-44) lo ribadisce con fermezza. C’è infatti il rischio, gravissimo, come ai tempi di Noè, quando mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e non si accorsero di nulla”. Rischio evidentissimo, anche oggi, di vivere pigramente e stancamente. Rassegnati, superficiali, vuoti. Soprattutto non consapevoli, un po’ come avvenne per la gente nel 1939, inconsapevoli dell’immensa tragedia che si stava preparando con la seconda guerra mondiale, vero diluvio che travolse tutti!
Il primo anno del Sinodo
Il Sinodo è un coraggioso tentativo di consapevolezza, una risposta per il nostro tempo e la nostra terra. Rimedio alla pigrizia, denunciata dal Signore Gesù. Per questo, il primo anno sarà un’analisi sapienziale della nostra realtà, per cogliere rughe e perle sul volto delle nostre parrocchie, in continuità con i quattro anni di visita pastorale, così belli ed intensi, il periodo più fecondo della mia permanenza tra di voi, proprio perché mi sono sentito calorosamente accolto e insieme abbiamo camminato, accompagnato da ciascuno di voi. Paese per paese. Per dirla con un termine oggi in voga, specie tra i giovani, il primo anno sarà un lucido e simpatico selfi, che ci permetterà di vedere se abbiamo un volto di gioia o di tristezza, tra archivi ben tenuti e riaperti, musei visitati con stupore, circoli frequentati, pagine di storia riscoperte e riscritte.
Questa lettura sapienziale del nostro territorio sarà fatta non con analisi sociologiche a tavolino, ma alla luce della Parola di Dio, che ci aprirà spazi di leale verità. La Parola, infatti, è sempre un spada a doppio taglio! Penetra e scava. Chiarisce e purifica. La commissione centrale elaborerà così tre TRACCE, lungo l’anno. Ogni due-tre mesi saranno inviate ai Gruppi sinodali delle singole parrocchie. Ed il gruppo, in clima di preghiera, avrà la grazia di studiare e pensare, coinvolgendo nella riflessione anche le realtà locali (scuole, circoli culturali, amministrazione, biblioteche, mondo del lavoro….). Poi raccoglierà tutte le osservazioni e proposte, che saranno inviate alla segreteria diocesana. Più lucidi e onesti saremo nelle analisi, più coraggiosi saremo nelle proposte e più fecondo sarà il Sinodo. Perché non è una questione di vertice o di celebrazione, ma di preghiera e di riflessione sapienziale. Di parrocchia e parrocchia. Il Sinodo non è del Vescovo, ma di tutti! Nostro, per noi e da noi fatto e elaborato, per poi essere da noi tutti attuato!
Il secondo anno
Ma come dice la preghiera sinodale, decisivo sarà l’incontro con il Cristo risorto, con quel Kerigma che oggi risulta essere centrale e fondativo, nello studio del terzo capitolo della Evangelii Gaudium. Infatti, se spesso vana è la nostra fede e vuote le nostre parole, è proprio perché non sanno di annuncio radicale e forte, che si faccia carne, che sappia rispondere alla sete di infinito che c’è nel cuore di ogni uomo (cfr E.G. 165). Da qui, l’intitolazione scelta: Conquistati dalla gioia per il Vangelo, come troverete anche sulle lucerne che vi verranno donate, nelle prossime settimane. Allora, dovremo anche noi metterci in corsa, come Maria di Magdala, nel mattino di Pasqua, per trovare il Signore risorto, che “hanno portato via senza saper dove lo hanno posto!”. Quel grido disperato è oggi il grido di chi cerca dignità, speranza, luce, lavoro e casa. Di chi soffre nelle carceri e attende pene alternative. Di chi lotta per il posto di lavoro alla GAM o negli ospedali e nei campi, dove il raccolto è stato scarso. E’ un grido “laico”, cioè di tutti, per la disperazione e la precarietà diffusa,specie giovanile. Un grido che va raccolto e decodificato. Grazie a chi ci contesta, grazie a chi ci scruta per poi metterci alla prova se siamo coerenti e veri. Sentiremo la parola di grande fede della Maddalena: Raccontaci, o Maria, che hai visto sulla via? E nell’oggi della grazia, Maria attesterà di aver incontrato la gloria del Cristo Risorto, gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti, per esplodere nel giubilo: Cristo mia speranza è risorto e vi precede in Galilea! Per questo, sarà decisivo coltivare tanto il gusto della preghiera, ad iniziare dalla Chiesa delle Libera, coinvolgendo i nostri ammalati e le Monache di Clausura. Proprio ieri, abbiamo a lungo pregato per il Sinodo nella Basilica di san Pietro, in Vaticano, con i nostri seminaristi ed un gruppo di fedeli.
Perciò, sarà ricco di forza il canto, popolare e partecipato, per esprimere in pienezza la gioia della nostra fede celebrata e testimoniata. Coltiviamo il gusto di celebrazioni ricche di segni specie in avvento, forti nel silenzio, gioiose nella espressione, cariche di condivisione sul territorio, specie nella preghiera dei fedeli, che deve essere fatta dal gruppo liturgico e non copiata passivamente!
Il secondo anno sarà così di verifica delle nostre omelie, della nostra preparazione alla predicazione e soprattutto della nostra catechesi, ai ragazzi ed ancor più agli adulti! Cioè, se e come siamo capaci di trasmettere la fede ai figli, per dar loro un concreto cammino vocazionale, tema del prossimo sinodo mondiale, con un coinvolgimento attento della pastorale giovanile. Per giungere a verificare la nostra proposta di annuncio del vangelo negli ambienti di vita, come la scuola, il lavoro, la politica, la salute, anche con la presenza e testimonianza delle Suore e delle Aggregazioni laicali, nelle parrocchie e in diocesi.
Crux ignis, il terzo anno
Ed eccoci, così al terzo anno, l’anno dello Spirito santo. Lo invochiamo come croce di fuoco, come faceva san Pietro Celestino, il santo che sentiremo maggiormente accanto, anche in sintonia con la diocesi di Isernia. Lui, ben conosceva le nostre colline. Qui si è forgiato. Da qui, poi, è partito per un lungo sinodo di evangelizzazione infuocata. Lo Spirito santo ravvivi il vigore della nostra fedeltà e cancelli le nostre povertà, difetti e peccati. Che sono tanti. Man mano poi che proseguiremo nel sinodo, sono certo che ci accorgeremo sempre di più di quanti limiti abbiamo, fiduciosi però che proprio lo Spirito saprà trasfigurare le precarietà in ricchezza, come la potatura di primavera. Questa potatura ci sarà necessaria, il terzo anno, il più difficile e contrapposto. Le scelte concrete, forse, ci divideranno. Ma sarà una fase momentanea, per trovare poi, in umile discernimento, la soluzione unitaria, come avvenne nel Sinodo di Gerusalemme, narrato con precisione e grazia dagli Atti degli Apostoli, il libro biblico che ci servirà per i Cenacoli del vangelo. Allora da Sion uscirà la legge”!. Saremo così capaci di codificare le scelte sinodali, speriamo coraggiose e profetiche, dentro linee legislative chiare ed essenziali. Soprattutto condivise!
Un segno che ci accompagnerà lungo tutto il Sinodo sarà la realizzazione, progressiva e concreta, dei POLI PASTORALI, con le parrocchie vicine. Segno della sinodalità istituzionale, che dobbiamo sempre più percorrere. La collaborazione variegata tra parrocchie ci è richiesta sia dallo spirito sinodale che dai tempi di aggregazione culturale e scolastica in atto, oltre che dalla riduzione del numero dei sacerdoti. Da necessità, diverrà fecondità e risveglio comunitario, come già si percepisce dai primi passi in atto, in alcuni poli pastorali, che si sono già messi in cammino.
Maria, stella della nuova evangelizzazione
Ci accompagni lungo questo cammino sinodale la Vergine Maria, Magnificenza materna perché capace di “magnificare” le nostre fragili realtà. Lei è l’Addolorata, nostra Patrona, solidale con noi. Quella mamma sempre vicina, che capisce ed è attenta a quando non abbiamo più vino, cioè zelo, passione e slancio, quando il nostro passo sinodale si farà stanco o scontato. Come a Cana, trasformi l’acqua in vino. La invochiamo perché ci aiuti a scrutare i segni dei tempi, cioè le nostre precarietà, per imparare da lei a saper custodire e meditare nel cuore nostro”, come nella grotta di Betlemme, per dar pienezza e compimento ad ogni frammento di vita, anche nella fuga precipitosa verso l’Egitto, compagna così di tanti nostri immigrati che bussano alle nostre porte e che tanta fatica facciamo ad integrare.
Proprio oggi è la festa della medaglia miracolosa, frutto della fede di santa Caterina Labourè, il 27 novembre 1830. E’ un segno concreto di fiducia in Dio. Perciò ho pensato di donare a tutti la medaglia miracolosa, al termine della celebrazione, perché ci aiuti a credere che nulla è impossibile a Dio, se preghiamo con fiducia e facciamo quello che Gesù ci dirà. Una coincidenza preziosa, proprio oggi, inizio del Sinodo diocesano. Sguardo al futuro.
Con fiducia, allunghiamo ora il nostro sguardo al futuro della diocesi e della nostra metropolia, qui ben rappresentata, con vigore e benedizione. Ogni eucarestia sarà infatti come un viatico di fede e di pace,mai senza l’altro, rinnovando il grido riassuntivo della convocazione diocesana di settembre: Cristo, prima di tutto; l’altro, prima di me!”. Impegnativo, di certo, ma anche salvifico. Sostenuti dalla fede di san Bartolomeo, nostro patrono, per poter anche noi ripetere con forza.: “Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d’Israele!”(Gv 1,49), davanti a Gesù, che ci conosce e ci chiama, da sempre, per vedere cose più grandi di queste. Il sinodo, se Dio vorrà, sarà proprio una delle cose più grandi, costruite insieme!
E’ del resto, la lezione di speranza che ci hanno dato i nostri testimoni del Vangelo, nati o operanti in Molise, lungo i secoli. Accanto a san Pietro Celestino, ritroviamo mons. Secondo Bologna, padre Giuseppe Tedeschi nativo di Ielsi ma ucciso in Brasile, san Giovanni Eremita, Fra Immacolato Brienza, il servo di Dio Fra Roberto Di Giovanni (stimmatino, brasiliano ma di origini molisane!), don Stefano Gorzegno, padre Antonio Rocco fondatore delle suore Mater Orphanorum, nativo di Cercemaggiore, san Pio da Pietrelcina, il beato Ludovico da Gildone, il venerabile Fra Raffaele da sant’Elia e mons. Vittorio Fusco. Sono dodici figure, chi già santo, chi incamminato verso la santità o comunque personalità degne di memoria grata e vivace. Il ricordo dei santi, infatti, in stile perfettamente sinodale, diventa l’attuazione di uno slogan, ripetuto mille volte nei nostri paesi: gareggiate nello stimarvi a vicenda! (Rom 12,10), sempre tesi a ciò che ci unisce e mai a quello che ci divide, sostenuti da un Padre che mai si stanca di perdonare.
Certo, occorre consapevolezza. Poiché, uno sarà preso, l’altro lasciato! Cioè ci sarà, anche nell’imminente cammino del sinodo, chi saprà accogliere questo evento di grazia, per convertire il cuore suo e della sua comunità. Come ci potrà essere anche chi se ne starà pigro e stanco, ai bordi della strada, senza stupore e senza zelo. Sono certo, però, che lo Spirito ci darà la grazia di raccogliere tutti, nel grembo di questo stile sinodale. Perciò, a tutti, ripeto il grande appello di Gesù: Rivestiti del Signore Gesù, indossate le armi della luce e vegliate, dunque, per cercare di capire l’ora in cui viene il figlio dell’Uomo! Amen.

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